Due pesi, due misure…


Giovedì 8 maggio 2003 mi imbarco sul volo AZ1673 in partenza da Roma Fiumicino con destinazione Pisa. Come al solito avevo riservato un posto di corridoio, il 16J. Eravamo quasi alla fine dell’imbarco – l’aereo era al completo – quando arriva un tizio che sarà stato pesante almeno 140 chili e che in inglese mi chiede se per favore posso spostarmi. Gli chiedo il perché e quello mi spiega che a causa delle sue dimensioni, non riesce a stare nel posto presso il finestrino e mi chiede quindi se per favore gli posso lasciare quello dalla parte del corridoio. Gli spiego, pazientemente, che uno spostamento va sempre autorizzato dall’equipaggio, ma il tizio insiste e, visto che stava bloccando la fila, lascio perdere e mi sposto verso il finestrino. Pazienza, tanto il volo dura solo un’ora. Naturalmente stiamo parlando di un aeromobile dove già per costruzione i posti sono alquanto stretti.

Il tizio comunque si siede e schiaccia il sottoscritto contro la paratia interna dell’aereo. Come inizio non c’è male. D’altra parte, avendo volato fin da quando ero ragazzino ed essendomi fatto svariate volte il giro del mondo, ho visto di peggio, e in ogni caso l’aereo era al completo, per cui se non toccava a me sarebbe toccato a qualcun altro. Così mi metto l’anima in pace e pongo la Domenica Quiz nella tasca del sedile di fronte al mio, tanto in quella posizione non sarei neanche riuscito ad aprirla. Questo genere di cose, tuttavia, come spiega chiaramente Murphy, tendono a peggiorare con il tempo, non a migliorare, tant’è che a un certo punto arriva l’attendente di volo e chiede al tizio in questione di spostarsi e di fare a cambio con me. Il motivo – più che comprensibile – è che in caso di emergenza io non avrei avuto modo di raggiungere le vie di fuga; in pratica il tizio in questione mi avrebbe fatto da tappo. A quel punto inizia un’accesa discussione fra l’attendente e il signore di cui sopra nella quale cercano di coinvolgere anche me senza tuttavia riuscirci, dato che ero impegnato ad evitare i goccioloni di sudore che il poverino aveva iniziato a emettere in modo incontrollato.

Spiego all’attendente che per me la cosa è indifferente, purché trovino una soluzione alla svelta perché si rischia di perdere la posizione per il decollo, cosa che ci avrebbe fatto ritardare di una buona mezz’ora. Fatto sta che l’attendente a un certo punto va a chiamare la comandante la quale a sua volta chiama un addetto della sicurezza per estrarre fisicamente il tizio dal sedile e rimetterlo al suo posto, verso il finestrino. Nel frattempo, durante tutto il dibattito io avevo fatto più o meno la parte del bracciolo destro del voluminoso personaggio.

A questo punto, dopo un paio di altri contrattempi di minor conto, come il fatto che l’attendente al volo avesse montato scorrettamente la prolunga della cintura di sicurezza a Mr. X, cosa che mi aveva lasciato con una cintura di sicurezza con due fibbie maschio, riesco finalmente a sedermi al mio posto, quello iniziale. Oddio, sedermi è una parola grossa. Diciamo che metà del mio sedere era sul sedile e l’altra si protendeva inerme in mezzo al corridoio dato che io, al contrario del mio enorme compagno di volo, non avevo grandi possibilità di schiacciare il poveretto contro la paratia dell’aeroplano La cosa peggiore era il fatto che per farmi sedere al mio posto, avevano dovuto sganciare il bracciolo esterno del sedile, in modo da sollevarlo come avevano già fatto per quello centrale. Risultato, la mia spina dorsale era dolcemente, si fa per dire, poggiata sulla parte inferiore del suddetto bracciolo, per la sua – della spina dorsale – e la mia felicità. Forse mi sbaglierò, ma non credo che da un punto di vista della sicurezza in decollo e atterraggio la mia fosse una posizione proprio ortodossa.

Ancora una volta decido di accettare la cosa e di prenderla con filosofia, anche perché quanto meno la mia situazione stava rallegrando la maggior parte degli altri passeggeri, non so se per la sua intrinseca comicità o piuttosto per la constatazione di averla scampata bella, avendo ognuno di loro potuto correre lo stesso rischio. Avrei potuto impuntarmi ma l’aereo era pieno e non saremmo partiti più. Dato che erano oramai quasi le 22, lascio correre.

Finalmente decolliamo, cosa che la mia schiena immediatamente intuisce a causa del tentativo di penetrazione del bracciolo all’interno della spina dorsale. Inutile dire che nel frattempo eravamo finiti in coda alla lista di attesa per il decollo A ogni modo, attendo che l’aereo arrivi alla quota di crociera, cosa che questo genere di aeromobile fa in un tempo spaventosamente lungo, e poi mi alzo e chiedo cortesemente all’attendente di volo asilo politico sul predellino del personale di cabina. Purtroppo quello in coda all’aereo è inagibile dato che il personale deve preparare lì il carrello con le bevande, per cui l’unica possibilità è quella di sedere su quello di fronte alla porta che separa la cabina dall’abitacolo del pilota, posto che, oltre ad essere comodo quanto una sedia di tortura medievale, ha la peculiare caratteristica di guardare verso i passeggeri. Per fortuna, con prontezza di spirito, ho ritirato fuori la mia Domenica Quiz e mi sono impegnato a fondo in una serie di cruciverba intricatissimi, cosa che mi ha permesso di evitare gli sguardi divertiti dei passeggeri che, evidentemente, mi avevano scambiato per lo spettacolo di bordo.

Lo spettacolo raggiunge tuttavia il suo clou quando i piloti, impossibilitati a passare a causa del predellino tirato giù, si son dovuti far passare bevande e salatini sopra la mia testa. Dovendo recarmi a Pisa per ragioni di lavoro e dovendo ritornare per motivi analoghi il giorno dopo, non avevo portato con me un cambio, per cui mancava solo un bel vuoto d’aria durante il passaggio delle bevande per mettere la torta sulla ciliegina. Inutile dire che la torta ero io. Per fortuna la sfiga non ha voluto infierire. Mi stavo domandando comunque dove avessero piazzato le Candid Camera.

Ovviamente, al momento di atterrare, ho dovuto riprendere la mia posizione di equilibrista accanto al tizio di taglia invero notevole il quale si era nel frattempo placidamente addormentato su entrambi i sedili. All’arrivo, per giunta, la montagna vivente esclama soddisfatto che aveva viaggiato comunque comodamente. Per fortuna non ci sono mezzi contundenti in cabina, per ragioni di sicurezza, altrimenti poi gli attendenti avrebbero dovuto estrarre a forza il cadavere!

Questo è quanto. Naturalmente sia la comandante che il personale di volo sono stati gentilissimi e d’altra parte, a quel punto, ben poco avrebbero potuto fare salvo che sospendere il volo fintanto che non fosse stata trovata una soluzione. Diverso è il discorso per il disgraziato che al check-in si è guardato bene di avvertire il tizio in questione che avrebbe avuto problemi a bordo e che ha accettato Mr. 140 chili nonostante sapesse benissimo che il posto accanto era già riservato da diversi giorni e che l’aereo non era certo un 747.

Mi rendo conto che l’Alitalia ha difficoltà a far pagare a una persona del genere due biglietti a causa dei due posti che occupa, dato che potrebbe essere accusata di discriminazione, così come comprendo come alla compagnia in questione pianga il cuore lasciar libero un posto non pagato su un aereo che avrebbe potuto essere completo. A questo punto non vedo altra soluzione che suggerire loro di piazzare sul tetto della cabina una barra di metallo con maniglie in pelle, come quello che si usano sugli autobus, e operare una riduzione dei biglietti sui “posti in piedi”. Almeno uno sa cosa l’aspetta.


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