I diritti sono come colori che gocciolano su una superficie di vetro. Man mano che scendono, formano macchie colorate che si allargano sulla lastra. Quando due macchie si incontrano, a volte si fondono, a volte no. Se lo fanno, creano nuovi colori e quindi nuovi modi di reinterpretare i due diritti; altrimenti, ognuna delle due spinge per prendere il sopravvento sull’altra e, spesso, quella più grande, crea una barriera invalicabile che limita la nuova arrivata.
Il fatto è che spesso i diritti competono per le stesse risorse e chi li sostiene vede nei diritti degli altri un pericolo per la propria sopravvivenza. Così, a opporsi al riconoscimento di un nuovo diritto, non c’è sempre solo lo status quo ma anche chi sta lottando per vedersene riconoscere un altro.
Un caso eclatante è quello che riguarda il riconoscimento dell’identità di genere. Esiste una parte del mondo “femminista” che si oppone al concetto stesso di identità di genere perché vede in alcune categorie LGBTQ+ una sorta di affronto al movimento femminista stesso e ai traguardi raggiunti negli ultimi decenni. Esattamente come con il razzismo, il sessismo, il maschilismo e altre forme di discriminazione, vengono portati a supporto di tale posizione argomenti che sono più di pancia che di testa, ma discriminare non è mai stata una questione “razionale”, per cui non c’è da sorprendersi.
La cosa che dà da pensare è che dinamiche di questo genere si vedono a volte persino all’interno dello stesso movimento LGBTQ+. Un caso classico è la posizione di alcune lesbiche che vedono nelle donne bisessuali o queer un affronto allo stesso concetto di genere in quanto identità, data la natura fluida o comunque non polarizzata della loro percezione di sé.
Si sarebbe portati a pensare che l’essere stati discriminati o il lottare per un diritto dovrebbe aver generato nelle persone una consapevolezza e una maturità capace di creare empatia nei confronti degli altri e una particolare sensibilità alle loro esigenze. Purtroppo non sempre è così. Esiste una componente di egoismo nel lottare per i propri diritti che spesso fa perdere, a chi ne è preda, quello stesso senso di umanità che hanno perso coloro che li stanno discriminando.
Non è un caso che in tutto il mondo ci siano persone che lottano per i propri diritti, anche nei Paesi con regimi autoritari e dove sostenere un diritto comporta spesso un rischio personale, ma solo in pochi e solo dove esiste un forte senso civico, ci sono persone che lottano per i diritti degli altri.
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