Signore della Guerra


«Le cinque principali nazioni a vendere armi nel mondo sono Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia e sono tutti e cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU»

Termina così uno splendido film che ho visto recentemente su SKY Cinema, diretto da Andrew Niccol e interpretato da Nicolas Cage: «Lord of War».

Il film racconta la vita di un mercante d’armi vista attraverso i suoi stessi occhi. La pellicola si presenta, senza lasciar spazio a letture e interpretazioni, come un crudo resoconto di una realtà che tutti conosciamo ma che quotidianamente ignoriamo. Significativo l’incipit visivo, che mostra la storia di un proiettile dalla fabbrica fino all’inevitabile destino di ogni pallottola: sparata nella testa di un anonimo guerrigliero, uno dei tanti che combatte in una delle tante guerre senza senso in qualche parte sperduta del mondo.

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Ispirato a una storia vera, racconta di un immigrato ucraino che vive in uno squallido sobborgo di Brooklin, Yuri Orlov, che a forza di mazzette e dimostrando una faccia di bronzo incredibile riesce in breve tempo a costruirsi un vero e proprio impero vendendo armi in tutto il mondo, soprattutto in Africa, grazie anche al crollo dell’impero sovietico e all’enorme disponibilità di armi che conseguentemente si riversa sul mercato.

Tutto sembra andare per il meglio: Yuri sposa la donna dei suoi sogni, ha un figlio, riesce a far fuori, nel senso letterale del termine, l’unico vero concorrente che ha. Unico problema, Jack Valentine, un detective che si è messo in testa di arrestare il mercante d’armi a qualunque costo. Jack è un uomo d’onore e questo permette a Yuri di farla franca ogni volta, perché sa che senza prove il detective non lo arresterà mai. A un certo punto, tuttavia, Jack trova il punto debole di Yuri: la moglie Ava, ignara da dove effettivamente provengano i soldi del marito e che mestiere faccia. Sarà lei, alla fine, a incastrare Yuri, dopo un’ultima disastrosa operazione nella quale il mercante perde anche il fratello Vitaly, sconvolto dalla vista del massacro che alcuni "combattenti per la libertà" africani fanno in un campo profughi con le armi che i due hanno venduto loro.

Tutto bene quello che finisce bene, allora, con il cattivo in galera e la giustizia che trionfa? Assolutamente no, perché Yuri non si fa nemmeno un giorno di prigione: a impedirlo è proprio il Governo americano, lo stesso per cui lavora Jack. Yuri, come molti altri mercanti d’armi, è uno strumento troppo utile perché attraverso lui è possibile rifornire di armi quei dittatori del Terzo Mondo con i quali ufficialmente i vari Governi che vendono armi non possono avere relazioni, ma che indirettamente sostengono per ragioni geopolitiche.

Quello che più colpisce del film è l’assoluta mancanza di coscienza del protagonista, splendidamente resa da Cage. Siamo abituati a pensare ai cattivi come a persone malvage, consapevoli del male che fanno, al punto quasi da goderne. Insomma, gente che è facile odiare. Ma Yuri Orlov non è così. Lui è una persona normale, con i problemi e i pensieri di una persona normale. Ama veramente la moglie e il figlio, si preoccupa del fratello, è coscienzioso nel suo lavoro e dimostra competenza e quasi una sorta di passione nel farlo. Yuri vende armi come un altro venderebbe automobili o elettrodomestici, gli piace il lavoro che fa e non si preoccupa minimamente delle conseguenze delle sue azioni. Per lui vendere armi è come vendere sigarette o auto: in fondo sono milioni le persone che si ammazzano fumando o guidando. Se un venditore di tabacco o di autovetture può dormire tranquillo la notte, perché non lo dovrebbe fare lui? Questa l’impeccabile logica del mercante d’armi, il cui obiettivo è uno solo: dato che nel mondo ci sono 580 milioni di armi, circa una ogni dodici persone, bisogna convincere le altre undici ad acquistarne una.

Il fatto che la storia sia raccontata attraverso le parole dello stesso Yuri, rende questo contrasto ancora più accentuato. Alla fine, in un certo senso Yuri è un eroe, perché dimostra che i cattivi siamo noi, con la nostra ipocrisia, perché sono i nostri Governi a far sì che persone come Yuri possano esistere, e noi stesso ne traiamo dei benefici perché una parte della ricchezza di cui usufruiamo alla fin fine è anche il risultato di questo macabro mercato che arricchisce tanti Paesi cosiddetti "civili". E sebbene il nostro, di Paese, non sia nei primi posti in classifica, ha fatto anche lui la sua parte. Basti pensare alle mine italiane. Yuri è un eroe perché è onesto: non si nasconde, non cerca di giustificare quello che fa con belle parole e amor di patria. La sua coscienza è pulita perché fa bene il suo lavoro, lo fa per sé, per la sua famiglia, e per coloro che gli permettono e lo sostengono per farlo, gli stessi che invece di belle parole ne spendono tante per farsi belli davanti al mondo. Parlano di civiltà, di libertà, di patriottismo, di diritti civili. E noi li ascoltiamo, li appoggiamo, da una parte o dall’altra, perché queste persone non hanno colore o religione, partito o fazione. Permeano trasversalmente tutto il mondo della politica, dell’imprenditoria: ovunque ci sia potere, loro sono presenti. E se loro sono colpevoli di ipocrisia, allora, siamo veramente sicuri di non esserlo anche noi? In fondo, noi che facciamo per cambiare tutto ciò?


2 commenti su “Signore della Guerra
  1. Logan71 ha detto:

    Mi sembra una specie di remake di “Finchè c’è guerra c’è speranza” del grande Alberto Sordi (bel film con un finale che dava da pensare già allora…)

  2. mc2033 ha detto:

    Bellissima la frase che il protagonista dice una volta catturato: “tu credi che io sia il male, ma sono un male necessario”…

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