Che l’HIV/AIDS sia una patologia devastante è un fatto noto. Questa malattia ha ucciso fino ad oggi oltre 22 milioni di persone. Inoltre, in tutto il mondo, sono oltre 42 milioni i sieropositivi, di cui solamente 3 nei cosiddetti paesi industrializzati. Molti tuttavia non sanno che ci sono altre due malattie — da noi per lo più sconosciute ormai — che si contendono con l’AIDS il triste primato di falcidiatori del genere umano: la tubercolosi e la malaria. La prima uccide quasi due milioni di persone all’anno, la seconda oltre un milione, ma è in rapida crescita. In alcune aree del mondo, i casi di malaria sono aumentati del 200% e le stime indicano che nel giro di vent’anni ci si troverà ad affrontare una vera e propria emergenza planetaria, almeno per quello che riguarda i Paesi del Terzo Mondo.
La malaria è una malattia causata da protozoi del genere Plasmodium che vengono trasmessi dal malato a un individuo sano attraverso la puntura della femmina di un genere di zanzare chiamato Anofele. Nei Paesi più poveri, a causa della scarsa igiene e di profilassi poco attente, è molto comune anche la trasmissione dovuta alla trasfusione di sangue infetto e quella da madre a feto durante la gravidanza.
Non tutti i generi di malaria presentano gli stessi rischi: dipende dal Plasmodio. Il più pericoloso è il Plasmodium falciparum, responsabile della quasi totalità dei decessi. La morte può tuttavia sopraggiungere anche in seguito ad altri fattori, soprattutto nei Paesi più poveri, come il ritardo nella diagnosi e nel trattamento, le condizioni di denutrizione e immunodeficienza del paziente, oltre che alla resistenza del Plasmodio alla Clorochina o ad altri antimalarici. Il problema principale, tuttavia, è che i vari farmaci antimalarici possono dare seri effetti collaterali indesiderati e sono spesso incompatibili con altri medicinali. Data la caratteristica di ricorrenza della malattia, il trattamento della malaria risulta a volte quasi altrettanto devastante quanto la malattia stessa.
Un’altra cosa poco conosciuta dal grande pubblico, tuttavia, ma ben nota a medici e ricercatori, è che in effetti esiste già un trattamento in grado di debellare il parassita dal corpo del paziente: l’artemisina, o artemisinina, una piccola molecola che si estrae da un arbusto diffuso soprattutto in Estremo Oriente, in particolare nella Cina settentrionale, ovvero l’Artemisia annua. Purtroppo questa molecola costa troppo, perché le piante ne producono una quantità troppo bassa perché coltivazioni anche intensive permettano di soddisfare la domanda sempre più pressante di una cura, senza contare che i Paesi che ne hanno più bisogno sono anche quelli che hanno meno risorse economiche per poterla acquistare.
In realtà una speranza esiste, e viene da quella categoria di organismi che, soprattutto nel nostro Paese, vengono in continuazione demonizzati: gli OGM. Un gruppo di ricercatori che da anni sta lavorando per studiare sempre nuove strategie per combattere questa terribile malattia, infatti, ha scoperto che è possibile inserire nel lievito la sequenza di geni che codifica per l’artemisina in modo che sia possibile produrne una grande quantità a costi bassissimi. Non solo: una volta introdotta nel lievito, la sequenza può essere modificata per incrementare l’efficienza fino ad aumentarne la produzione di 100.000 volte e oltre. La tecnica in questione è ancora da perfezionare, ma potrebbe rappresentare una svolta importante per centinaia di milioni di persone, anche perché lo stesso meccanismo potrebbe essere utilizzato per produrre altre proteine utili nella lotta all’HIV e ad altre patologie.
Purtroppo di queste cose non si parla, se non sulle riviste specializzate. Chi ha fatto della lotta agli OGM il suo vessillo politico, si guarda bene dal fare circolare queste informazioni, mentre la maggior parte della gente si lascia ipnotizzare dallo slogan che vuole «biologico è bello», qualunque cosa voglia dire quel biologico (ma di questo ne abbiamo già parlato in un altro articolo). Purtroppo da noi si confonde scienza e tecnologia — per la differenza fra i due concetti, si vada qui — e si pensa che solo perché ci si è comprati l’ultimo modello di videofonino, si viva in un paese civile e avanzato. La civiltà, tuttavia, non nasce dalla tecnologia ma dalla cultura, e una parte essenziale di questa cultura è la componente scientifica.
Comprendere l’importanza delle biotecnologie, quindi, e degli organismi geneticamente modificati, i rischi e i limiti, ma anche i vantaggi e le possibilità, è fondamentale non solo per il ricercatore e lo scienziato, ma per ognuno di noi, a partire dai politici e da chiunque abbia nella nostra società una responsabilità decisionale. È troppo comodo lasciare che siano altri a occuparsi di queste ricerche con la consapevolezza che tanto, il giorno in cui le loro scoperte dovessero servirci, ne potremo usufruire anche noi semplicemente pagando.
C’è da domandarsi se siano pronti coloro che si oppongono in modo integralista e assoluto agli OGM a rinunciare in futuro a curarsi con tutti i farmaci che negli altri Paesi saranno prodotti tramite queste tecnologie. Io credo proprio di no. Come ipocritamente questo Paese si oppone al nucleare, ma poi acquista dalla Francia e da altri Paesi confinanti energia elettrica prodotta da centrali nucleari (e per giunta se avviene un black-out si ha pure il coraggio di lamentarsi di non poter vedere il reality show in prima serata o di non poter giocare con la Playstation), così oggi l’Italia si oppone con orgoglio ai biechi OGM, salvo poi esser pronta a sfruttare ignominiosamente il lavoro di altri basato sugli sforzi e l’impegno di tanti ricercatori. La Costituzione recita che l’Italia è una Repubblica basata sul lavoro, ma la verità è che la nostra è una società basata sull’ipocrisia e sul parassitismo scientifico e tecnologico, nonostante i brillanti cervelli che, senza merito, continuiamo a produrre e troppo spesso a esportare.
Lascia un commento