Punto di Fuga è una casa editrice nata, nel 1995, per iniziativa di una giovane quanto brillante e caparbia imprenditrice sarda: Marcella Garau, trentottenne cagliaritana che nel 1988, casualmente, comincia a lavorare nel mondo dell’editoria. È subito passione. E la professione di programmatore di computer, «il lavoro più bello del mondo che mi potesse capitare», che aveva svolto fino a quel momento, diventa improvvisamente meno bello. Sei anni fa decide di intraprendere l’avventura di Punto di Fuga e nel 1996 viene inaugurata la prima collana con la pubblicazione di «Guida ragionata all’obiezione di coscienza», venduta in tutte le edicole della Sardegna al prezzo lancio di 3.500 lire. È già con questo primo titolo che la Garau manifesta intenzioni editoriali che non strizzano l’occhio ai facili guadagni bensì tentano di sposare un binomio comunemente poco appetibile: imprenditoria privata e impegno sociale.
Perché ha deciso di aprire una casa editrice?
È stata una decisione dettata non tanto dall’aspirazione di mettermi in proprio, quanto dal fatto che la casa editrice presso cui lavoravo da otto anni era stata messa in liquidazione. Il desiderio di proseguire il mio lavoro nel mondo editoriale — ancora più bello di quello precedente — prospettava soltanto una soluzione: aprirne una tutta mia.
Qual è il significato del nome che ha scelto: Punto di Fuga?
«Il punto di fuga è quello da cui partono infinite linee: basta seguirle, per scoprire altrettante realtà, dimensioni, mondi. Non è solo un modo per fuggire, ma anche per capire quanto siano risibili le cose che ci sembrano assolute, se appena le guardiamo da lontano. E tornare serve a riguardarle da vicino con occhi diversi». Queste sono parole di Pino Cacucci che, nel presentare il suo libro «Punti di fuga», inconsapevolmente ha riassunto in poche righe anche la filosofia su cui si fonda il lavoro della nostra casa editrice.
Punto di fuga si distingue dalle comuni case editrici per l’iniziativa «Corposedici», vuole spiegarmi di cosa si tratta?
Corposedici è la collana — edita in coedizione con la cooperativa sociale Iridea — che ospita libri di narrativa italiana stampati a grandi caratteri. Si tratta di edizioni particolari, ancora rarissime in Italia ma molto diffuse in numerosi paesi europei, studiate per non affaticare la vista dei lettori. Oggi, gli standard tipografici, adottati dalla maggior parte degli editori, ci costringono a leggere i libri in corpo 11, quando si è fortunati. Per molte persone, in particolare anziane o ipovedenti, la lettura non costituisce più un piacere, ma una vera e propria tortura. La differenza più evidente fra un libro a grandi caratteri e un comune libro è data dalle dimensioni del carattere, mai inferiori ai 16 punti tipografici. L’interlinea, gli spazi bianchi attorno al testo, la tipologia della carta e la qualità dell’inchiostro di stampa sono elementi altrettanto importanti, anche se meno evidenti per i non addetti ai lavori. Attualmente i titoli in collana sono quattro, selezionati fra quelli più rappresentativi della letteratura sarda. Beninteso, non si tratta di una collana di narrativa sarda: la decisione di aprire il programma editoriale con quattro autori sardi ci è sembrata legittima e doverosa in virtù della nostra collocazione geografica.
Nei suoi intenti di editore c’è quello di favorire scrittori e lingua sardi? O la sua è un’iniziativa che casualmente nasce in Sardegna e che si rivolge a tutta l’Italia privilegiando, quindi, la lingua italiana?
Sono nata, vivo e lavoro in Sardegna. Punto di Fuga ha sede a Cagliari, la mia città, così come la Sellerio — la cito solo per mera analogia geografica — ha sede a Palermo, la città della signora Giorgianni. Se fossi nata a Taranto, probabilmente la sede della mia casa editrice sarebbe stata in quella città. Non privilegio né tantomeno rifiuto a priori gli scrittori sardi che sono, innanzi tutto, scrittori italiani: la scelta dei nostri autori è dettata esclusivamente dalla compatibilità delle opere da loro proposte con la nostra politica editoriale. Non rientra invece negli attuali programmi editoriali la pubblicazione di opere in lingua sarda, ma non escludo che possa accadere in un prossimo futuro.
La sua produzione libraria si sviluppa lungo due direttrici principali: le politiche sociali e la cultura del Mediterraneo. Perché questa scelta?
Le tematiche sociali mi hanno sempre appassionato, ancor prima di lavorare nel mondo dell’editoria. Obiezione di coscienza, violenza sessuale, malattia mentale, mediazione e cultura della non violenza, comunque mi muova, mi ci ritrovo sempre dentro. Qualche tempo fa, un mio collega editore mi disse, con una punta non troppo sottile di sarcasmo: «A quando un libro sulle carceri?» Mi auguro, prima o poi, di avere questa opportunità. Anche la collana «Macchie Mediterranee» rispecchia in qualche modo i miei personali interessi — di conoscenza e di ricerca — legati agli intrecci e agli scambi fra le culture dei Paesi del Mediterraneo che, in qualche misura, hanno determinato l’identità, così peculiare, della nostra isola.
Quanto è difficile farsi spazio tra i colossi dell’editoria per una come lei: giovane imprenditrice, in una piccola città come Cagliari e tenendo accuratamente alla larga libri, facilmente commerciabili, come i thriller o le spy stories?
È estremamente difficile, a volte sfiancante. I colossi dell’editoria non si toccano: a loro spettano i grandi numeri sia in termini di mercato che di fatturato. Piccolissime case editrici come Punto di Fuga, a mio avviso, possono trovare una collocazione nel panorama editoriale nazionale solo se riescono a inserirsi in quelle nicchie di mercato — volutamente lasciate scoperte dai grandi editori — in cui le produzioni di scala non sono realizzabili. Operare, poi, in una piccola città come Cagliari complica ulteriormente una situazione già di per sé difficile e impone la necessità di trovare degli alleati, nel mio caso Internet. Tre anni fa ho acquistato il dominio www.puntodifuga.it (N.d.R.: l’attuale dominio della casa editrice è www.puntodifugaeditore.com) e rispolverando il mio vecchio mestiere ho imparato a programmare in HTML e ho costruito le prime pagine web del sito. È stato un lavoro duro, soprattutto all’inizio, ma ampiamente ricompensato dai risultati di oggi: una media di 40 mila accessi al mese e la soddisfazione di ricevere via e-mail ordini dei nostri libri un po’ da tutta l’Italia.
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