Era pluviale


Che il tempo stia cambiando è un dato di fatto. Si può discutere sulle cause, su quanto tale cambiamento sia dovuto a ciclicità caratteristiche del nostro pianeta collegate probabilmente al Sole e ai raggi cosmici e quanto invece abbia origini antropiche, ovvero sia dovuto all’uomo. Su una cosa tuttavia non c’è discussione: il cambiamento c’è, è consistente e si vede.

La caratteristica fondamentale di questo cambiamento non è, come si crede, il riscaldamento globale; o meglio, la temperatura media del nostro pianeta sta effettivamente aumentando ma questo non vuol dire che tutte le temperature salgano di conseguenza, quanto piuttosto che sta aumentando l’energia complessiva del nostro ecosistema. Questo porta a un’estremizzazione di tutti gli eventi climatici, a un vero e proprio ribollire della nostra atmosfera. Così i periodi freddi sono più freddi, quelli caldi più caldi, quelli umidi più piovosi e quelli secchi più asciutti. Non solo: le variazioni del clima sono più repentine, la temperatura può salire o scendere di dieci gradi e più anche all’interno di una singola giornata e questo non vale solo per le fasce equatoriali o artiche, ma anche per quelle temperate, dove abita gran parte della specie umana e dove si trovano le nazioni più industrializzate.

Tutto ciò ha delle conseguenze non indifferenti per le nostre città, soprattutto per quelle di maggiori dimensioni, disegnate e costruite per un clima più moderato ed eventi meno violenti. Un esempio è quello che succede a Roma quando piove. Acquazzoni anche piuttosto violenti non sono sconosciuti alla Capitale ma ultimamente la quantità d’acqua che è caduta sulla città e la rapidità con la quale questi nubifragi si sono riversati su di essa ha creato ben più che qualche disagio: di fatto ha prodotto notevoli danni economici, più di un ferito e anche qualche morto.

Il problema, a Roma, non è quindi tanto cercare di capire quali siano le cause di questo cambiamento climatico e neppure quello di ridurre l’inquinamento, sebbene questa debba essere considerata una priorità a livello planetario, ma risistemare la città affinché non si trasformi in una vera e propria trappola d’acqua ogni qual volta è colpita da un temporale. In pratica, qualunque siano le cause del cambiamento, questo c’è e va gestito, altrimenti ogni anno la situazione peggiorerà fino a diventare insostenibile.

Il primo aspetto da gestire è quello delle piogge torrenziali. Sono sempre di più le strade che diventano veri e propri fiumi e di sottopassi e piazze che si trasformano in laghi, a volte con l’acqua che raggiunge persino il mezzo metro e più. In alcune situazioni si è arrivati a quasi due metri d’acqua, con le auto praticamente sommerse. La prima cosa da fare è garantire il corretto drenaggio delle acque e questo richiede, oltre che una serie di interventi studiati ad hoc a fronte di ogni strada, piazza e incrocio, anche la sostituzione progressiva dell’attuale asfalto con lo stesso tipo di asfalto drenante che si sta stendendo su molte autostrade italiane. Non costa di più e per di più è riciclabile ed ecologico. Inoltre permetterebbe di ridurre sensibilmente il costo dovuto ai danni prodotti dall’acqua alla viabilità e alle autovetture.

Bisognerà inoltre rinunciare ai sampietrini che, quando piove, sono così sdrucciolevoli che su certe salite gli autobus fanno addirittura fatica a procedere a causa dello slittamento delle ruote. Non si capisce perché, ad esempio, su via Nazionale e sui Fori Imperiali si è spesa una barcata di soldi per far rimettere tutto il manto stradale in blocchetti di porfido, per giunta prodotti in Cina. Il sampietrino sarà anche bello appena messo, ma col tempo il manto stradale si altera e diventa un incubo sia camminarci sopra a piedi che andarci con la macchina. Oltretutto ogni qual volta ci sono dei lavori, viene rimesso alla bell’e meglio per cui la strada finisce per diventare tutta a cunette. Se proprio ci si tiene a far vedere com’erano le strade di Roma con i sampietrini, li si lasci sui marciapiedi, magari belli larghi, che a Roma scarseggiano, e si ricopra tutta la strada con asfalto drenante.

Ovviamente non basta drenare se le acque non vengono incanalate e smistate opportunamente, per cui anche tutta la rete fognaria e di canali tipica di Roma dovrà essere riadattata per flussi molto più consistenti. Bisognerà anche tener conto dei venti, perché nel caso di forti mareggiate con venti provenienti dal mare, la capacità del Tevere di riversare le sue acque nel Tirreno sarà ridotta, soprattutto se il livello del mare dovesse continuare a salire a causa dello scioglimento dei ghiacci antartici e dei ghiacciai (quelli artici, galleggiando, non contribuiscono a tale aumento, ovviamente).

Il vento poi è un pericolo per la popolazione, dato che Roma ha moltissimo verde e quindi alberi, i cui rami possono spezzarsi a causa delle forti raffiche e cadere sui passanti, come è già successo. L’inasprirsi della situazione climatica comporterà venti sempre più forti con la formazione di vere e proprie trombe d’aria che, se non assumeranno da noi le caratteristiche tipiche dei tornado americani, sono comunque decisamente pericolose soprattutto perché scagliano detriti di ogni genere tutt’intorno ad alta velocità, veri e propri proiettili che possono facilmente uccidere chi ne dovesse restare colpito.

L’utilizzo di rotatorie al posto dei sottopassi eviterebbe inoltre la formazione di accumuli anche consistenti d’acqua nei punti più bassi. In effetti bisognerebbe sostituire ovunque possibile incroci e semafori con rotatorie, che permetterebbero un miglior scorrimento del traffico e quindi ridurrebbero la necessità di dover frenare sull’asfalto bagnato. Più il traffico scorrerà uniformemente, più difficilmente si verificheranno tamponamenti dovuti all’aquaplaning. Una migliore illuminazione, dovuta a lampioni specifici che mandino la luce solo verso il basso evitando così l’inquinamento luminoso, permetterebbe inoltre una migliore visibilità anche in caso di scrosci molto forti, soprattutto se gli automobilisti prenderanno la buona abitudine di accendere i fari anche di giorno, se piove in città.

In pratica, la sostituzione del manto stradale con asfalto drenante, la rimozione dei sampietrini dalle strade, il maggior utilizzo di rotatorie, una migliore illuminazione e una maggiore cura nella potatura degli alberi che si affacciano sulle strade permetterebbe di ridurre notevolmente i disagi e soprattutto i pericoli per i cittadini in caso di violenti nubifragi. Roma, tuttavia, sembra una città abbandonata a se stessa, non importa chi ne sia il Sindaco e di che parte sia. Sono decenni che la città vive un degrado crescente ed alcuni interventi di natura soprattutto estetica non hanno certo migliorato gran parte della città, soprattutto la periferia. Ora però non ci sono più scuse che tengano: il clima ci ha lanciato una sfida che non possiamo non raccogliere, perché se stavolta non interveniamo in modo concreto, rischiamo di pagare un prezzo molto alto, forse anche in vite umane.


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