Le dittature non arrivano come un temporale, ma si insinuano piano, come la muffa negli angoli dei muri. Non te le ritrovi in casa al rullare di tamburi o lo sbandierare di armi e bandiere. Troppo facile sarebbe riconoscerle e resistere al loro avanzare. Esse giocano con la tua ciotola di riso, togliendoti un granello alla volta e lo fanno in modo del tutto legale, nel rispetto di quelle leggi democratiche che ti fanno pensare di essere al sicuro e che i tuoi diritti e i valori in cui credi non saranno mai calpestati.
Il primo passo è quello di salire il primo gradino del potere, con la faccia sorridente e il vestito della festa, giurando e spergiurando di essere diversi dai loro oscuri predecessori e che corsi e ricorsi questa volta la Storia non li farà. Così iniziano a governare, democraticamente, apertamente, col supporto del popolo o, almeno, di quella parte di popolo che ha creduto alle loro promesse e si è fatta spaventare dai timori che hanno sollevato. Un nemico esterno, spesso, a volte anche uno interno; il più delle volte uno esterno che diventa interno e vi ruba il lavoro, i figli, le tradizioni, la religione, fino a sostituirsi a voi, come i baccelli alieni di un famoso film di fantascienza diretto da Don Siegel nel 1956, l’Invasione degli Ultracorpi.
Il secondo passo è prendere il possesso dell’informazione, acquisendo testate, mettendo alla direzione dei telegiornali proprie persone o semplici burattini, invadendo le reti sociali con false informazioni, creando gogne mediatiche e bullizzando chiunque non sia allineato e coperto. Non vere menzogne, che sarebbe facile smascherare, ma interpretazioni, allusioni, dubbi. E soprattutto guardandosi bene dal dire tutta la verità, ovvero peccando di omissione; un’omissione ben selezionata, perché raramente qualcuno, ascoltando una notizia, si pone la domanda: cosa non mi hanno detto?
Il terzo passo è quello di attaccare quel delicato e voluto equilibrio fra poteri che esiste in una democrazia. Punto di forza e allo stesso tempo di debolezza di qualsiasi democrazia, infatti, è la distribuzione del potere. Rende difficile prendere decisioni importanti in breve tempo ma evita che qualcuno accentri su di sé troppo potere e cambi le regole del gioco. A partire dalla legge elettorale, perché basta cambiare quella e, a parità di voti, si sa bene che si può facilitare l’uno e penalizzare l’altro. Così si inizia ad accentrare il potere su pochi individui, a toglierlo ad altri, a dividere chi si potrebbe opporre e a unire chi ti potrebbe sostenere. Si comincia così, fra legge elettorale e ridistribuzione dei poteri, ad erigere quel monolite che farà poi da struttura portante alla dittatura. Tutto ciò contando sul fatto che chi crede nella democrazia, spesso, la dà per scontata, e mai si immaginerebbe di poterla perdere: è successo in passato, ma perché era il passato, eravamo più ingenui; mai potranno ripetersi gli stessi errori! E la ciotola di riso, pian pianino si svuota. Si ritocca un certo diritto, ne si limita un altro, si rende sempre più difficile manifestare e protestare, si penalizza chi sta all’opposizione con mille cavilli, spesso nascosti in leggi che di tutt’altro parlano.
Penultimo passo, si prende il controllo delle forze armate e delle forze dell’ordine. Prima corteggiandole e, con la scusa di favorire la loro operatività, emanando leggi che le proteggono da qualsiasi barbarie possano decidere di commettere. Si lasciano in secondo piano i bravi soldati e i buoni poliziotti e si portano all’interno quelli che da piccoli erano i bulli della scuola. Si dà loro potere, li si fa sentire importanti, perché della dittatura dovranno diventare il braccio armato. La Stasi in Germania dell’Est, la Gestapo nazista, la Securitate rumena e la DINA cilena: i nomi cambiano, i metodi no.
E così siamo alla fine. Siamo ancora in una democrazia, ufficialmente, ma di fatto lo Stato di Diritto è stato sostituito da uno Stato di Polizia. E qualcuno incomincia ad accorgersene, perché la ciotola è quasi vuota e ora si vede il fondo, ma è troppo tardi, perché se cerchi di riempirla di nuovo, bacchettate sulle mani, e di quelle pesanti. E tutto legalmente, perché le dittature sono sempre legali, avendo prima modificato le leggi per esserlo. E legalmente, finalmente, si mostrano per quelle che sono, orgogliose di esserlo, e chi non è d’accordo è un traditore, un nemico della Patria, un sovversivo, ed è giusto che vada in galera, legalmente, se non di peggio. E tutti lì ad applaudire, perché molti non hanno ancora capito e non capiranno a lungo, almeno finché qualcuno non verrà a bussare alla loro porta.
Pensateci. Leggete e rileggete questi cinque passi e poi guardatevi intono. Poi fatelo e rifatelo, perché gli unici che possono davvero evitare che tutto ciò si ripeta siamo noi e ricordate: non è questione di essere di destra o di sinistra, conservatore o progressista, perché le dittature, prima di essere di destra e di sinistra, sono dittature, e alla fine schiacciano tutti sotto il tallone, inclusi quei popoli che le hanno portate al potere.
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