Personalemente sono piuttosto aperto su tutto ciò che riguarda la libertà di espressione, non solo, ovviamente, nel vivere civile, ma anche nell’arte e in generale in qualsiasi forma di comunicazione. Non ho particolari riserve sulla presenza di sesso o di violenza nei film, ad esempio, purché rivolti a un pubblico adulto. Posso tranquillamente accettare anche la pornografia, anche se personalmente la trovo troppo esplicita e quindi meno eccitante di una pellicola erotica.
C’è una soglia, tuttavia, che ritengo non dovrebbe essere mai superata, non tanto per i contenuti in sé — nessuno ti obbliga a vedere un certo film, se non ti interessa — ma per il pericolo che può rappresentare in termini di emulazione. Oltre quella soglia, lo spettacolo cessa di essere tale e diventa un pericoloso messaggio per tutti coloro che potrebbero vedere in esso una sorta di esaltazione del male e della sofferenza, della violenza fine a sé stessa e del sadico piacere di infliggere il male.
Personalmente credo che l’ultima pellicola di Eli Roth, «Hostel», prodotta da Quentin Tarantino, Scott Spiegel e Boaz Yakin, abbia superato quella soglia. Stasera la mia compagna mi ha detto che un certo sadico piacere di infliggere il male è probabilmente presente in tutti noi, ricordandomi come, da bambini, molti si siano divertiti a staccare le zampette alle formiche o la coda alle lucertole. Io, personalmente, non credo di aver mai provato tale piacere, tantomeno da bambino, ma non voglio negare che l’animo umano possa nascondere in sé desideri contrastanti e a volte perversi. Tuttavia ha poi affermato come certi comportamenti, se non controllati, andrebbero curati e non certo esaltati in pellicole come quella di Eli Roth. Condivido in pieno.
Un film del genere non dovrebbe essere proiettato. Non avrei mai creduto, da liberale convinto, che un giorno avrei potuto fare un’affermazione del genere, ma esiste un confine oltre il quale non dovremmo mai spingerci perché potrebbe distruggere tutto ciò in cui crediamo, e quel confine credo debba essere difeso. Oppure domani potremmo ritrovare quelle scene, che oggi sono solo finzione, proiettate sullo schermo di un telegiornale.
credo fermamente che film come hostel siano da valutare dal punto di vista psicologico-come semplicisticamente ha fatto la fidanzata-chiederci perchè ci impressiona così tanto non il sangue che schizza, ma l’ idea di eli roth che l uomo possa concepire un piacere così pieno nell infliggere dolore,ci dà fastidio ammetterlo ma per certi versi il nostro animo è-al di là di ogni giudizio morale-spietato,disgustoso…non sono un misantropo ma voglio solo dire che roth ha estremizzato(se vogliamo però pensiamo a ciò che succede in alcune guerre ai nemici o ai civili)una delle tendenze delle pulsioni umane…l arte viene dall uomo, cosa può mai esserci nell opera di disumano o di malato o comunque da rivedere?!
Purtroppo raccontando ciò che il mostro che è in noi a volte fa, spesso scatena quel mostro in altri. La parola è potere, l’immagine è potenza, messi insieme sono una responsabilità.