Ennesima vittima di un sistema sociale e giuridico criminale, responsabile della morte di migliaia di genitori nel nostro Paese. Ribadisco: il problema non sono le madri che non fanno vedere i figli ai padri, ma un sistema giudiziario che non solo lo permette, ma favorisce atteggiamenti egoistici e a volte addirittura ricattatori. Il fatto è successo a Torino, ma almeno nel Norditalia la nuova legge 54/2006 è più o meno applicata. Nel Centrosud è invece un disastro, specialmente a Roma. I giudici si rifiutano di applicare la legge e continuano ad utilizzare la vecchia giurisprudenza. Questo comportamento delegittima tutta la magistratura, perché il CSM non interviene, togliendo di fatto ogni fiducia nei confronti della giustizia a chi è pienamente cosciente di questa assurda realtà.
Quanti di noi dovranno morire perché questa società si renda conto che non c’è crimine più grande che strappare un figlio a un genitore, che un padre soffre quanto una madre se colpito da un tale atto di vigliaccheria giuridica, e che è un diritto fondamentale dei bambini quello di poter continuare ad avere un rapporto forte e costante con entrambi i genitori indipendentemente dal fatto che sia separati o meno? A volte mi sembra di cercare di spiegare a una società razzista com’erano gli Stati Uniti nel dopoguerra o la Germania nazista del secolo scorso, che è sbagliato discriminare in base all’etnia e che lo stesso concetto di razza non ha senso, o di cercare di far capire a un antico romano che la schiavitù è sbagliata e andrebbe abolita. Leggo negli occhi della gente una completa incomprensione di quello che a me e a tanti altri padri separati sembra un concetto ovvio, assolutamente condivisibile, e comprendo quanto lontano siamo dal poterci chiamare civiltà.
Nel torinese: non può vedere il figlio, padre separato si toglie la vita
Il suo corpo è stato trovato appeso ad un albero. In mano teneva una foto del piccolo. I familiari si erano rivolti a "Chi l’ha visto"
Il dramma dei padri separati, che non possono vedere i loro figli, assume una proporzione sempre più tragica. La vicenda di T.M., 46 anni, torinese, ne è la riprova. Riporta la sua storia Torino Cronaca.
Tutti lo credevano oramai rassegnato alla perdita della moglie, da cui si era separato sei anni fa, e soprattutto dal non poter stare sempre insieme al figlioletto di 10 anni. Invece, improvvisamente e quasi senza dare alcun segnale, T. M., 46enne elettricista residente a Volpino aveva deciso di farla finita. Aveva fatto perdere le sue tracce mercoledì 13 quando non si era nemmeno recato a lavoro. È il triste epilogo si è avuto quando un podista lo ha trovato appeso al ramo di un albero in cma al monte Musinè. Impiccato.
Il corpo era già in avanzato stato di decomposizione, tanto che i carabinieri della stazione di Alpignano hanno ritenuto non mostrarlo neppure ai parenti. I militari hanno trovato uno scenario frutto del grande stato di solitudine interiore che doveva vivere quell’uomo. Aveva con sì i documenti e, forse, l’ultima cosa che ha visto prima di morire è stata proprio una fotografia del figlio, che ha voluto tenere in mano fino all’ultimo.
Poco più in là due bottiglie vuote sambuca e un noto amaro che si era scolato probabilmente per alleviare la sofferenza dell’impiccagione. I familiari si erano rivolti anche alla trasmissione "Chi l’ha visto" di Rai3.
«Non ha lasciato nulla, se ne è andato senza darci una spiegazione – lo piange la sorella Pina – non ci ha mai parlato della sua sofferenza. Era separato, sua moglie si era rifatta la vita con un altro, poteva vedere loro figlio ogni fine settimana» (…)
Lo psichiatra Alessandro Meluzzi sostiene che: «Non avere la possibilità di incontrare come si vorrebbe i propri figli è tra tutte le pene che un uomo può sopportare sicuramente fra le più crudeli. Oggi all’interno di una legislazione che privilegia sempre comunque innanzitutto le ragioni della donna, i padri possono trovarsi, al momento della separazione, davvero tragicamente spiazzati. Non è un caso che la Caritas di Trento abbia istituito per i padri neo-separati comunità di accoglienza simili a quelle che si riservano per gli immigrati o per i disabili. E la miseria non è soltanto economica».
«È legata alla disperazione di essere la parte più vulnerabile e soprattutto non tutelata. Non so quali ragioni abbiano spinto questo padre ad impiccarsi ma solitamente dietro al gesto estremo del suicidio ci sta un urlo di disperata impotenza – continua – Non soltanto di non poter abbracciare chi si vorrebbe abbracciare. Non soltanto il sentimento della solitudine e dell’abbandono. E neppure tutto sommato la sensazione di subire un arbitrio. Ma è la sensazione di essere in una condizione in cui questa forma estrema di autodistruzione grida alla società e al mondo la fine di una famiglia che, al momento in cui si dissolve, cessa anche di essere un luogo di accoglienza del malessere e del disagio».
«Non si dovrebbe cessare di essere genitore neppure quando il rapporto di coppia si è esaurito — conclude lo psichiatra — Ma questo non solo per il bene dei figli ma per il bene di tutti. Invece purtroppo accade che il padre separato diventi per varie ragioni l’oggetto negativo da espellere ad ogni costo dalla scena, e questo anche al costo della sua stessa vita. Tutto ciò ovviamente giunge a condizioni estreme solo in qualche raro caso, per fortuna, ma il travaglio e la sofferenza è ahimè di moltissimi. Sta a tutti noi, ma soprattutto a chi fa le leggi e le regole, farsene carico».
Tratto dal Quotidiano.net del 24 giugno 2004.
Lascia un commento