Chi per interesse o per motivi ideologici si oppone strenuamente alle iniziative che molti genitori separati — soprattutto padri, ma anche madri, nonni, nuovi compagni e compagne — portano avanti da anni per sostenere l’affido condiviso, la bigenitorialità e le pari opportunità nelle cause di separazione e divorzio, cerca spesso di far passare questa battaglia sociale per una guerra tra generi — padri contro madri, uomini contro donne — in modo da poterla strumentalizzare utilizzando anche, senza alcun pudore, vere e proprie campagne di disinformazione spesso basate su statistiche addomesticate e a senso unico.
In realtà esiste una vera e propria discriminazione di genere nei confronti dei padri separati, una discriminazione che non si manifesta solo con azioni e atteggiamenti intesi a emarginare il padre come figura genitoriale amorevole, sensibile, impegnata nel crescere i figli, ma anche, come succede spesso un po’ in tutte le discriminazioni, con modi di dire e affermazioni che di fatto relegano tanti padri in un ruolo spesso molto lontano dalla realtà.
Uno di questi è «Papà se n’è andato». Molto spesso, infatti, anche a causa del fatto che è ancora quasi sempre il padre a dover lasciare la casa familiare in caso di separazione o divorzio, si crea il faso mito che sia il padre ad andarsene, a lasciare la famiglia. In realtà per ogni padre che lascia una famiglia ce n’è uno che viene cacciato ed emarginato dalla stessa, in primis dall’ex-compagna, in secundis da un sistema giudiziario ottocentesco e legato a una cultura che riesce a far coesistere il peggior maschilismo con il più bieco vetero-femminismo.
Sebbene in conflitto l’una con l’altra, infatti, queste due ideologie sembrano trovare un terreno di convergenza proprio nell’emarginazione di quei padri che desiderano occuparsi dei figli. Per i maschilisti che sull’uomo hanno costruito il mito del sesso forte, dell’uomo unico sostentamento economico della famiglia, padre e padrone che mai si deve lasciar andare a dimostrazioni di sensibilità e di debolezza, il padre che ha piacere di giocare con sua figlia con le bambole o che sta a casa a fare il casalingo mentre la moglie lavora e porta i figli a casa è una specie di aberrazione, un deviato. Per molte pseudofemministe, che non cercano davvero la parità, ma solo una sorta di vendetta, cercando di acquisire quanti più privilegi possibile per contrastare discriminazioni vere o presunte, quel tipo di uomo è un concorrente pericoloso, da eliminare alla radice, prima che possa conquistarsi uno spazio in quello che per secoli è stato il dominio femminile, ovvero la casa e la cura della prole. Rivendicare un ruolo nel mondo del lavoro sì, permettere ai maschi di fare lo stesso in quello della casa, no.
A dire tutto ciò non sono solo gli uomini e i padri separati, ma sempre più donne che operano nel campo del sociale, della psicologia, della pedagogia, dell’educazione e dell’insegnamento. Un esempio è il commento che un’insegnante delle elementari ha mandato recentemente a un padre separato dopo la pubblicazione su YouTube di un suo video. Lo riporto così come è stato scritto:
«Lavorando a scuola, sono un’insegnante, ho frotte di bambini (età 11/13 anni) con genitori divorziati, separati, monogenitori o plurigenitori.
Tra i bambini ricorre spesso una frase: "Papà è andato via da casa". Una volta mi sono fermata a riflettere con una mia collega su questa espressione e le ho detto: "Sarebbe più giusto insegnare ai bambini che le mamme cacciano via da casa i papà, e che, a volte, non sono i papà ad andarsene spontaneamente".
Nella mia esperienza scolastica resto convinta che certi bambini sarebbe meglio affidarli al padre, piuttosto che a donne isteriche, inc…te col mondo intero, sconfitte dai loro stessi sentimenti d’odio che trasmettono stress e dolore anche ai figli. Una volta un bambino di 13 anni mi ha detto: "Quando divento grande ammazzo mio padre". Sono rimasta a parlare con lui e a fargli capire che era più importante aiutare la mamma che odiare il papà.
Purtroppo la legislazione italiana, al contrario di quello che avviene in altri Paesi, privilegia esclusivamente le madri, come se l’educazione dei figli ricadesse solo sulle donne e non fosse anche un dovere maschile, da uomo, da padre. In una famiglia, anche se divisa, le gioie e i doveri dovrebbero essere sempre condivisi.
Luciana M.»
Io ce l’ho fatta.
Mi son rifatto una famiglia e ho la fortuna di vedere le figlie che mi son state “rubate” crescere bene.
Tutto quello che hai scritto è sacrosanto.
Ma quanti non ce l’hanno fatta? Vivone nella disperazione o, peggio, nel continuo tentativo di sovvertire le mistificazioni che hanno trapanato il cervello dei SUOI figli.