Una questione di cultura


Febbraio 2005: è passato un anno esatto da quando un decreto legislativo voluto dal Ministro dell’Istruzione Letizia Moratti cancellava dal programma delle scuole medie l’insegnamento della Teoria dell’Evoluzione delle Specie di Darwin. La decisione scatenò giustamente le immediate proteste di tutta la comunità scientifica e non solo. La reazione fu così decisa da costringere il Ministro, pur di salvare la faccia, a istituire nell’aprile 2004 una commissione di esperti il cui compito fosse quello di «dare indicazioni su come integrare l’aspetto della teoria evoluzionistica nell’ambito dell’insegnamento delle discipline scientifiche da parte delle scuole italiane».

A distanza dunque di un anno da quel fatidico febbraio, la commissione, presieduta dal premio Nobel Rita Levi Montalcini e composta da Carlo Rubbia, Roberto Colombo e Vittorio Sgaramella, ha prodotto un documento che non solo promuove a pieni voti la teoria evoluzionistica, come c’era da aspettarsi, ma insiste sull’importanza dell’insegnamento scientifico nella scuola dell’obbligo, suggerendo inoltre che in futuro, prima di uscirsene con altre idee «geniali», si dibattano pubblicamente, soprattutto con gli addetti ai lavori, eventuali proposte e cambiamenti.

Tutto bene quel che finisce bene, dunque? Non proprio. Innanzitutto perché un Ministro che cerca volutamente e coscientemente di cancellare una pietra miliare del progresso non solo scientifico, ma culturale, come la Teoria di Darwin, non dovrebbe continuare a dirigere un Ministero così importante per il futuro del nostro Paese come quello dell’Istruzione e della Ricerca. Oltretutto si è perso più di un anno solo per ribadire qualcosa che è lapalissiano per qualunque individuo abbia un minimo di cultura, non necessariamente scientifica. In secondo luogo perché tale decisione non è solo una dimostrazione di ignoranza e superficialità, ma la conseguenza diretta di una sottocultura integralista religiosa che sta cercando di riportare il Paese a un oscurantismo sociale e culturale puritano e bigotto. Terzo, quello su Darwin è solo uno, forse il più eclatante, ma non certo l’unico, dei punti di una riforma che sta ponendo una seria ipoteca sul livello culturale e sull’istruzione delle future generazioni.

Un altro esempio è l’aver di fatto eliminato dai programmi della scuola superiore l’insegnamento della Musica, relegata nell’istituzione del cosiddetto Liceo Musicale ma di fatto negata in tutte le altre scuole secondarie. Come la Scienza, la Musica è un’altra componente fondamentale per formare in un individuo una cultura completa ed equilibrata. Qui non ci si può neanche appellare a una convinzione, per quanto insensata, basata su un’interpretazione integralista e farisea della religione cattolica. È solo ignoranza. Il guaio è che a pagare queste decisioni finiranno per essere i nostri figli, già in forte difetto di conoscenza in materie come la Matematica, e che ora rischiano di perdere anche quella capacità di affrontare la vita che nasce da una formazione intellettuale ampia e varia. E tutto questo perché? Per sacrificare il principio secondo il quale una cultura debba comprendere almeno le basi di tutte le discipline scientifiche e umanistiche, sull’altare di chi vede nei giovani solo una forza lavoro da specializzare e integrare al più presto in un sistema industriale che vuole solo meri esecutori e che aborrisce le teste pensanti. Il che torna tra l’altro utile anche a un certo tipo di politica.

E che dire dell’insegnamento di due lingue straniere alle medie? Stupendo! Peccato che per studiare due lingue si sia previsto lo stesso numero di ore una volta dedicato a una sola. Così, invece di imparare bene una lingua straniera — e già sulla qualità dell’insegnamento di una sola lingua c’era da ridire, almeno in certe scuole — si finirà per conoscerne due decisamente male, forse per niente. Meglio sarebbe stato puntare di più sull’inglese portando gli studenti a raggiungere una conoscenza più approfondita di questa lingua ormai parlata, oltre che nei Paesi di origine anglosassone, anche in quansi tutto il Nord Europa, la Scandinavia e buona parte dei Paesi asiatici emergenti.

Altra chicca: l’eliminazione della letteratura per l’infanzia nella scuola primaria. Una delle cose che ho apprezzato di più del programma che mia figlia ha seguito durante i primi anni di scuola elementare è stato proprio lo studio della letteratura per l’infanzia. Lo studio, non la semplice lettura. A scuola la mia bambina ha imparato ad amare la lettura e soprattutto a sviluppare il piacere di scrivere; ha studiato come è fatta una storia, come si sviluppa, ha utilizzato le carte di Propp per creare nuove fiabe; insomma, ha imparato la tecnica e messo alla prova la propria fantasia. Tutto questo non verrà più riproposto in un Paese dove oltre il 60% della popolazione oltre i 6 anni non arriva a leggere neanche un libro, dico uno, all’anno (dati ISTAT).

Questi, tuttavia, non solo i soli danni che questa riforma ha fatto. Il decreto contiene infatti tutta una serie di norme che, per quanto apparentemente minori, rischiano di comportare costi piuttosto alti per il nostro sistema scolastico. Ad esempio, si è delegato a ogni istituto scolastico la definizione di tutta la modulistica attinente alle pratiche amministrative. La conseguenza sarà una proliferazione di moduli di ogni tipo e genere, ognuno diverso dagli altri. Chi ne sarà capace, farà un lavoro accettabile, gli altri si arrangeranno come potranno. Ovviamente il tutto comporterà una duplicazione non indifferente di attività da parte delle amministrazioni scolastiche. Logica avrebbe voluto che fosse il Ministero a definire lo schema e i contenuti di ogni modulo, mettendoli poi a disposizione attraverso il sito Internet del MIUR e lasciando ad ogni amministrazione eventuali variazioni o aggiunte che dovessero ritenere necessarie. Autonomia quindi, ma anche standardizzazione e messa a fattor comune delle risorse di base. Già le scuole hanno abbastanza problemi a gestire i pochi soldi che hanno che non mi sembra il caso di far perder loro tempo e denaro.

Non dimentichiamoci poi tutta la questione del tempo pieno, che ha rischiato di scomparire definitivamente dalla scuola italiana. Insomma, ce n’è più che a sufficienza per chiedere al Governo di sostituire questo Ministro, ma se questo non è stato fatto dopo tutto quello che ha combinato, c’è da pensare che tutto ciò rientri in una ben precisa strategia voluta dallo stesso Governo, e allora c’è davvero da preoccuparsi. Non ci resta che continuare a vigilare e soprattutto a protestare con forza ogni qualvolta si colpisce ingiustificatamente il diritto dei nostri figli a un’istruzione completa, ricca e varia.

Per concludere, c’è ancora un aspetto che non è stato toccato dalla Riforma Moratti e che il Ministro in questione si è ben guardato anche solo lontanamente di affrontare, cosa che purtroppo non hanno fatto neanche i precedenti ministri, sia di centrodestra che di centrosinistra. Sarebbe arrivato il momento che la cosiddetta ora di religione venisse utilizzata per lo studio dei principi e della storia di tutte le religioni, non solo di quella cattolica. E questo non solo per il rispetto che una cultura laica dovrebbe avere di tutte le fedi, senza privilegiarne alcuna, ma perché le religioni rappresentano un importante patrimonio filosofico e culturale che, indipendentemente dal condividerne o meno i contenuti, fornisce anche a chi non crede una prospettiva estremamente interessante dell’evoluzione del pensiero umano nei secoli.

Questa non è una battaglia di parte, né una questione di centrodestra o centrosinistra, di scuola pubblica o scuola privata, di visione statalista o privatistica della scuola. Anche la sinistra in passato, infatti, ha interpretato un’eventuale riforma della scuola in modo ideologico rivendicando, in nome di una presunta autonomia della scuola dall’impresa, un distacco troppo netto tra mondo accademico e mondo del lavoro, una separazione che soprattutto nel campo della ricerca scientifica e tecnologica ci ha penalizzato rispetto ad altri Paesi. No, non è una questione politica e tantomeno partitica: è una questione di cultura.


5 commenti su “Una questione di cultura
  1. Lauxetta ha detto:

    Condivido pienamente tutto, aggiungiamo pure la diminuzione delle ore di educazione fisica. Già la mia generazione (diplomatasi nel 2000) ha visto non poche difficoltà, sia a scuola che all’università, ma chi è arrivato dopo di noi se la passa davvero molto peggio.

  2. raccoss ha detto:

    D’accordo al 100%

  3. utente anonimo ha detto:

    Giusto in questi giorni sta scoppiando un’altra polemica a proposito dell’evoluzionismo.NEgli USA alkcune associaizioni fondamentalistiche cristiane sono riuscite ad eliminare dalla programmazione cinematografica di alcuni cinema il documentario “Volcanoes of the deep sea”, nel quale si mostrava l’evoluzione della vita sulla Terra.

    Incredibile! Ho scritto anche un post a proposito di questo.

    Per quanto riguarda l’ora di religione io la eliminerei, per aggiungere un’ora di matematica o di inglese. Per le religione esistono metodi coercitivi molto più efficaci tipo chiesa, catechismo, famiglia, abitudine, tradizione ecc

  4. Enrico56 ha detto:

    “Diciamo che la materia tende ad aggregarsi secondo certe leggi e che tali leggi portano particelle semplici (quarck, corde, poco importa il nome) a costituire particelle più complesse (barioni, mesoni, anche qui i dettagli non contano) che poi formano gli atomi che formano le molecole che si aggregano a formare le catene di amminoacidi, le proteine e via dicendo. Da qui la vita.

    Come scienziati possiamo dire solo questo, ovvero descrivere ciò che possiamo constatare con l’osservazione e la sperimentazione e descrivere con la matematica.

    Se poi queste leggi siano state volute da un’entità suprema, questo noi non lo possiamo dire, né possiamo dire il contrario.”

    Da queste sue affermazioni di scienziato, trarrei ancora una riflessione, scusandomi se occuperò troppo spazio.

    Dunque, per semplificare, la materia si aggrega, secondo CERTE LEGGI, …. Da qui la vita.

    Poi, secondo queste LEGGI che, per ammissione sua ( questo noi non lo possiamo dire) non si sa se siano volute da un’entità suprema oppure no, si avrebbe la vita.

    E’ ragionevole dunque a questo punto concludere che la scienza ha constatato/dimostrato che ci sono LEGGI sulle quali non si conosce il LEGISLATORE secondo le quali si avrebbe la vita.

    Dunque la scienza non conosce il LEGISLATORE di queste leggi della vita e nemmeno la FEDE le conosce, tuttavia la Fede, sarebbe sa scartare.

    Però, sembra di capire che nemmeno la scienza esclude il LEGISLATORE, seppur non si possa dire ne a favore ne a contrario.

    Fede e Scienza non sanno con Ragione se queste LEGGI abbiano o meno un LEGISLATORE o “entità suprema” come lei la chiama.

    Di fronte a questa domanda che resta attualmente senza una riposta che non esclude DIO con le sue LEGGI, ho letto un suo scritto a proposito della vita come ipotesi evoluzionistica, nell’articolo ove lei commentava l’operato del Ministro Moratti :

    Saprebbe dirmi, alla luce di quanto abbiamo appena detto come inquadra questa sua affermazione?

    Chi crede che le LEGGI siano date da Dio nella Bibbia, come LEGISLATORE o entità suprema, deve essere considerato sottocultura, integralista religioso, puritano e bigotto?

    A presto

    VictorEremita

  5. Avatar photo Dario de Judicibus ha detto:

    Fede e Scienza non sanno con Ragione se queste LEGGI abbiano o meno un LEGISLATORE o “entità suprema” come lei la chiama.

    Esatto. Ovviamente la Fede non ha bisogno della Ragione per identificare in Dio tale Legislatore. Per questo è tale e come tale va rispettata (qualunque Fede, ovviamente, non solo quella Cristiana).

    Diverso è il discorso quando la Fede pretende di invadere il campo della Ragione negando quanto anche lo scienziato che ha fede non può negare.

    Un esempio è proprio l’evoluzionismo Darwiniano, ampiamente dimostrato. Negare agli studenti delle scuole lo studio di tale teoria in base a una visione antiquata e bigotta del creazionismo è a mio avviso ben più che sbagliato.

    Parlo di visione bigotta perché, come già detto altrove, non esiste alcuna contraddizione nell’accettare l’evoluzionismo e allo stesso tempo credere in un Dio creatore. Basta semplicemente credere che sia stato il Creatore a stabilire le leggi con le quali l’universo e la vita si sono evolute e ogni contraddizione scompare.

    Oltretutto la Scienza sta avvicinandosi ad una Teoria Unificata che porterebbe ad avere una singola Legge responsabile della nascita ed evoluzione dell’Universo.

    Non sarebbe più elegante anche per la Fede pensare a un Creatore che in una singola, potente Parola, abbia potuto racchiudere l’intero Creato?

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