La storia si ripete. Una volta erano «certi film» che incitavano i ragazzi a pericolose emulazioni come quella di sdraiarsi al centro di una strada di notte o sfidarsi in gare mozzafiato con automobili o motociclette truccate. Poi è stata la volta della televisione, responsabile di ipnotizzare i bambini e di inculcare nelle loro piccole e vuote testoline pensieri malsani. Quindi c’è stato il rock, vero e proprio messaggero di Satana, simbolo della degenerazione — scusate il gioco di parole — di una generazione. Infine Internet. Sì, proprio quella Internet attraverso la quale si continua il perverso meccanismo della caccia alle streghe, è stata a suo tempo essa stessa «strega», rete maledetta, covo di pedofili e di attentatori alla morale pubblica, tanto da portarmi nell’ormai lontano 1998 a scrivere questo articolo.
Messi all’indice certi film, la televisione, il rock e la rete globale, ora è la volta dei giochi di ruolo, come si può leggere in un articolo del Corriere della Sera, cosa che ha giustamente scatenato le ire di giocatori e appassionati. Non entrerò in merito della vicenda, della quale già tanto si è discusso su vari blog, come quello della Lipperini. D’altra parte credo sia evidente a chi abbia un minimo di cultura e buon senso come non si possa certo accusare un mezzo di essere causa di un suo specifico utilizzo. Come i pedofili non sono certo nati in seguito alla creazione di Internet, così le sette sataniche non possono certo essere imputate al fatto che alcuni giochi di ruolo abbiano ambientazioni esoteriche o siano comunque basati sulla narrativa fantastica, specialmente quella celtica e druidica. Chi ragiona in questi termini evidentemente ignora l’utilizzo dei giochi di ruolo nella terapia di molti disturbi psicologici fin dai primi anni Ottanta.
Quando leggo questo genere di vaneggiamenti mi viene in mente, chissà perché, il classico vecchietto da bar che si lamenta dei giovani d’oggi, paragonandoli al se stesso di molti anni prima, invidiabile esempio di rigore ed onestà. D’altra parte, senza cadere necessariamente negli stereotipi, è pratica comune di molti «adulti» lamentarsi del degrado dei costumi nelle nuove generazioni, dai pantaloni che lasciano scoperte le mutande all’oramai consolidata abitudine di farsi il piercing praticamente dapertutto, anche nelle zone più intime. Certo, di tante mode che si sono sviluppate negli ultimi decenni quella delle mutande da fuori non vince certo la Palma dell’Eleganza e del Buon Gusto, ma quando mai la moda si è preoccupata di simili dettagli? In quanto al piercing, essendo persona facilmente impressionabile, non credo riuscirei mai a farmi fare neanche un buco nel lobo dell’orecchio, ma se qualcuno desidera infilzarsi varie parti del corpo a mo’ di spiedino, per quanto mi riguarda libero di farlo. Se proprio vogliamo darci delle regole, assicuriamoci che il tutto sia fatto nel rispetto delle più elementari norme igieniche, dopodiché meglio quelli di buchi che quelli fatti con la siringa per farsi una dose, no?
Ma torniamo ai giovani d’oggi, perché a questo punto c’è qualcosa che vorrei capire meglio…
Allora, abbiamo detto che le nuove generazioni sono degenerate perché non hanno più ideali, non hanno valori, si vestono in modo vergognoso, si bevono il cervello con i video giochi, i telefonini, gli spettacoli spazzatura, i nuovi cartoni tipo «South Park». Mettiamo sia vero. Ma la moda delle mutande a vista chi l’ha inventata? I giovani d’oggi o qualche stilista piena di soldi in cerca dell’ennesima provocazione nel campo dell’abbigliamento? E chi disegna i cartoni come South Park, anzi, ancora meglio, chi li produce e li manda in onda? Chi produce gli spettacoli come il Grande Fratello o L’Isola dei Famosi, chiaramente disegnati per mostrare il peggio di quello che un individuo può tirare fuori se messo in competizione sotto lo sguardo di milioni di guardoni mediatici? I giovani d’oggi o imprese multinazionali che grazie a questi spettacoli guadagnano milioni e milioni di euro o di dollari? E i videogiochi, quelli dove l’obiettivo è spappolare teste e squartare mostri, dove lo schizzo di sangue è roba da museo tanto che Doom oramai lo giocano all’asilo? Quello chi l’ha inventato, prodotto, distribuito, venduto? Giovinastri perversi e sanguinari o ricchi uomini e donne d’affari che con questi prodotti hanno fondato veri e propri imperi? Chi spinge i ragazzi a cambiare ogni sei mesi telefonino, riempiendoli di optional che tutto fanno meno aver qualcosa a che vedere con il telefonare? Chi vende meccanismi per copiare, scaricare, duplicare ogni cosa, dal film al brano musicale, salvo poi gridare al crimine se i ragazzi si masterizzano i DVD, magari dopo averli scaricati dalla Rete, o si distribuiscono via P2P montagne di MP3? I giovani d’oggi o le grandi corporation delle telecomunicazioni e dell’elettronica?
«Ma tutti questi sono mezzi — mi direte — e tu stesso hai detto che non è il mezzo ad essere responsabile del suo utilizzo, quindi che colpa hanno tutte quelle povere piccole imprese che negli anni si sono arricchite sviluppando tutti questi prodotti?» Giustissimo. Vedo che siete attenti. La causa non è nei mezzi, ma nei principi, nella cultura di chi tali mezzi utilizza. E allora parliamo un po’ di cultura, anzi, parliamo di principi. Vediamo un po’… Da dove mai i giovani d’oggi si rifaranno in termini di principi ed ideali? Dall’esempio di stile e coerenza dato dai nostri politici? Oppure dalla professionalità e scrupolosità nell’informare di certi giornalisti? Forse dal rigore e dal senso della giustizia di certi magistrati, oppure dalla correttezza e deontologia professionale di certi avvocati? È all’assoluta mancanza di atteggiamenti corporativistici degli ordini professionali che si rifanno, o alla totale imparzialità e apoliticità di associazioni, istituti e altre entità che dovrebbero avere un ruolo super partes?
E quali sono i valori che dovrebbero avere? Quelli delle famigliole felici della pubblicità o quelli dei tanti VIP che danno da mangiare a schiere di sedicenti giornalisti fornendo gossip di ogni tipo e genere, dimostrando tale generosità nel mettersi a nudo, da rendere pura fantascienza anche il solo concetto di privacy. Magari quelli di certi presidenti di società calcistiche che, con spirito altruistico, hanno indebitato fino all’inverosimile le loro società pur di far contenti i tifosi e comprare per la loro squadra del cuore l’ultima promessa del calcio moderno, direttamente per voi da qualche sperduto villaggio africano o da qualche favelas sudamericana.
E tutta questa gente, tutte queste brave persone, questi esempi di sani principi, queste persone di successo, vero e unico indicatore per giudicare la bontà dei valori ai quali si rifanno, quanti anni hanno? Sedici? Diciotto? Venti? Venticinque? O magari quaranta, cinquanta, sessanta? Di chi sono veramente i modelli ai quali si ispirano i giovani d’oggi? Chi li ha creati e perché? Non sarà forse che certi modelli hanno solo come unico scopo quello di alimentare una macchina multimiliardaria che allo stesso tempo grida allo scandalo che lei stessa ha creato perché dallo scandalo e dal conseguente sdegno ne vengon fuori dibattiti, talk-show, inchieste e tante altre passerelle per i soliti noti e quelli che noti hanno da diventare, il tutto opportunamente inframezzato di pubblicità e suggerimenti per gli acquisti?
Lascio a voi la risposta. Per quanto mi riguarda penso che i giovani d’oggi siano degenerati né più né meno quanto quelli di ieri, l’altroieri e qualche secolo fa. Il che non vuol dire che tutto vada bene, che nulla ci sia da criticare. Ma se critica deve essere fatta, allora che sia fatta a chi veramente è causa di certi comportamenti, di certi atteggiamenti, di tutta una serie di sottoculture masochistiche che tolgono ai nostri ragazzi il senso di ciò che è realmente importante nella vita. Non sono i giovani d’oggi a comandare in questa società, sono quelli di venti anni fa, sono quelli che più giovani non sono, che non mostrano le mutande, non si infilzano aghi e anelli dapertutto, non si fanno una canna, ma che da tutto ciò guadagnano miliardi. Loro sono in doppiopetto, in tailleur, sono gente per bene, persone di classe, che storcono il naso pensando a quanto siano degenerati i giovani d’oggi. Ma poi lo raddrizzano pensando ai tanti soldini che andranno a finire nelle loro tasche, perché non c’è nulla che faccia tanto bene alla coscienza quanto un sano e sostanzioso conto in banca.
I saw your comment on AMERICAblog. I wish I could read Italian, but I can be pretty sure this comment is not with the right article, so I apologize.
I am as baffled as you when it comes to the US and I LIVE HERE! I sense something very very wrong went down with the journalist. If I ever figure it out, I’ll let you know.
Peace to you and yours,
Mox