Qualche giorno fa, guardando uno dei tanti telegiornali su uno dei soliti canali, ho sentito una delle solite giornaliste commentare come al solito la solita manifestazione in una delle tante città italiane… il solito insomma.
C’era Tizio, c’era Caio, c’era il Presidente di quello, il Segretario di quell’altro. Ovviamente non poteva mancare lui che ha detto… e lei che ha commentato… la solita zuppa.
Quindi la frase d’obbligo, tanto per far capire come in fondo non fosse solo passerella, ma una cosa seria, persino anche una cosa popolare, insomma espressione di vera e libera democrazia:
«…e naturalmente c’era anche tanta tanta gente comune.»
Ehi, un momento, fermi tutti! Com’è che ha detto? Gente comune? Aspettate un attimo: ma perché, il Segretario Tal de Tali e la Presidentessa Tal’Altra cos’è che sono? Marziani? Ho conosciuto tanta gente comune nella mia vita, di quella che partecipa alle manifestazioni e anche di quella che non vi partecipa. Ho conosciuto un ragazzo che fa l’imprenditore e ogni anno molla tutto per tre mesi e va a spese sue con un’organizzazione umanitaria nei posti più impervi del mondo a rischiare la vita. Ho conosciuto una ragazza che fa la commessa, non ha neanche finito il liceo, ma la sera va in un circolo letterario a discutere di Byron e Shelley. Ho conosciuto un signore di settantotto anni che tutte le sere va in palestra e che ha un fisico che farebbe invidia a un ragazzo di vent’anni; nella vita fa il professore di latino e sa parlare ben sette lingue. Ho conosciuto una madre che a trentaquattro anni ha iniziato a fare foto, che non aveva mai preso in vita sua una macchina fotografica in mano e che ora fa mostre in tutta Italia.
Gente comune, tutta gente comune. Dal di fuori sono anonimi, vestiti come tanti, né ricchi né poveri: vivono del loro lavoro. Alcuni hanno problemi seri, altri si lasciano scorrere addosso una vita serena. Ma se ti fermi a parlare con loro scopri che quel donnone grasso al quale non avresti dato una seconda occhiata è una ricercatrice di biologia di prim’ordine, quella ragazzina sparuta con gli occhioni dolci è terzo dan di karate mentre quel mezzo punk con l’orecchino e tanti tatuaggi che sembra un quadro di Van Gogh è amante dei gatti e scrive dolcissime poesie. Ma dov’è la gente comune? È comune quel corniciaio che ama scrivere di politica e di letteratura e lo fa con competenza, oppure quella casalinga che tolti grembiule e guanti va giù al campo a tirare con l’arco perché la prossima domenica ha una gara a Viterbo? Cosa c’è di comune in quell’operaio che sa costruire splendide miniature di automobili utilizzando solo lattine usate e vecchi copertoni di bicicletta? O in quell’impiegato che ogni sera va per i vicoli di Roma a scambiare quattro chiacchiere con i barboni perché si sentano meno soli?
No, cara la mia giornalista. Non sono loro la gente comune. La gente comune, quella prevedibile, che dice sempre le stesse cose e crea castelli di parole dove nessuno spenderebbe più di un bah, che ama parlarsi addosso e sparlare degli altri, che fa degli avversari un nemico e che è capace di dire oggi l’esatto contrario di quello che ha detto ieri con la stessa aria convinta di chi «Dio è con me», quella gente sono proprio loro: segretari di partiti e sindacati, presidenti ed assessori, magistrati e presentatori, giornalisti e calciatori, cantanti e attori. Loro, i divi, quelli la cui faccia è su tutte le pagine patinate delle riviste da parrucchiere, quelli che cambiano amori come macchine e macchine come fazzoletti, i cui grandi amori e le cui sofferte storie fanno sospirare gli amanti dei gossip. Loro, che sono capaci di monopolizzare un telegiornale di venti minuti con quindici minuti di opinioni sulle opinioni che si dice abbiano espresso alcuni opinionisti riguardo l’opinione di Tizio su quello che ha detto Caio che tuttavia si limitava a replicare a Sempronio — «atto dovuto» — è l’opinione del commentatore. Loro, dunque. Loro, i soliti noti, figli dei loro padri e delle loro madri e quindi, per diritto ereditario, altrettanto noti. Loro che se vogliono cantare, li fanno cantare, anche se sono stonati; che se vogliono scrivere, li pubblicano, e con grandi case editrici, per giunta; loro che hanno fama, ricchezza e onori ma in fondo, alla fine, tutto sommato, sono solo gente molto, molto comune, che al mondo nulla hanno dato, nulla danno e nulla daranno mai.
Complimenti. Mi sono emozionato leggendo questo scritto. Condivido con trasporto tutto quello che qui è scritto. Grazie. Graziano Spinosi