DGTV: tutto quello che non vi hanno mai detto


Riporto qui, con l’autorizzazione dell’editore, il mio articolo sul Digitale Terrestre pubblicato a Novembre sul Numero Zero della rivista DIGITAL, edita da Tecniche Nuove e distribuita in tiratura limitata allo SMAU e in alcune edicole italiane.

Ma quanto ci costerà il digitale terrestre?

Il digitale terrestre è stato presentato come la tecnologia del futuro, soprattutto come una tecnologia a basso costo, alla portata di tutti, sostanzialmente gratuita. Ma lo è veramente? Proviamo ad approfondire il discorso…

Sono diversi mesi oramai che anche nel nostro paese si parla di digitale terrestre, ovvero della possibilità di ricevere trasmissioni digitali tramite il normale impianto di casa a condizione di mettere fra antenna e televisore una scatoletta chiamata decoder o set-top box. I media hanno più volte esaltato i benefici in prospettiva di questa nuova tecnologia così come la disponibilità di un contributo statale di €150 per l’acquisto della magica scatoletta. Soprattutto si è evidenziato con enfasi, forse eccessiva, il fatto che accedere a questa nuova tecnologia sia di fatto gratuito, se si esclude l’acquisto del decoder, peraltro ridotto grazie al contributo governativo. Ma le cose stanno veramente così? E soprattutto, cosa non è stato detto?

Partiamo dai fatti. Primo: entro la fine del 2006 tutte le trasmissioni televisive dovranno essere in digitale. Questo vuol dire che per quella data i vecchi televisori analogici non funzioneranno più a meno di non essere collegati al decoder. Secondo: il MIT, ovvero il Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie ha stanziato 110 milioni di euro per l’acquisto di un decoder interattivo. Questo vuol dire che ad usufruirne saranno poco più di 730000 utenze su una stima di circa 20 milioni.

Fin qui niente di nuovo: sono cose più o meno risapute. Quello che molti non sanno è che, fino a metà 2005, le trasmissioni digitali saranno erogate in forma sperimentale. In questa fase non esiste alcuna garanzia che l’apparecchio funzioni, anche perché le varie emittenti possono effettuare le proprie sperimentazioni utilizzando alcune frequenze della banda televisiva destinate al digitale che sono state diversificate a seconda della zona. In pratica è possibile che le frequenze usate in una certa zona non permettano di vedere il segnale. Con il decoder, infatti, non si può “vedere male”: o si vede o non si vede. Inoltre l’antenna va posizionata molto bene, cosa che in genere è alla portata solo di un antennista qualificato, altrimenti la qualità del segnale ricevuto non sarà sufficiente a raggiungere quella soglia che attiva la ricerca automatica dei servizi digitali. Infine gli impianti più vecchi potrebbero non riuscire a ricevere correttamente perché alcune antenne centralizzate hanno dei filtri interni che limitano il segnale digitale terrestre, per cui è facile che alcuni bouquet vengano bloccati dai filtri.

Ne risultano tutta una serie di problemi: innanzi tutto il decoder va installato e questo va fatto da personale competente, ovvero ci sono da aspettarsi costi di installazione, soprattutto per chi ha un impianto condominiale o comunque centralizzato. Nella maggior parte dei casi pensare di portarsi a casa la scatoletta, collegarla all’antenna e al televisore e sperare che funzioni è pia illusione. E qui già possono partire altri 50 euro. Secondo, è possibile che un antenna particolarmente datata vada sostituita, cosa che può arrivare a costare anche diverse centinaia di euro. Se poi l’impianto è condominiale e voi siete i soli ad aver acquistato il decoder, le cose diventano decisamente più complicate e costose. Inoltre non è detto che con il decoder riusciate ad avere accesso fin da subito ai servizi interattivi, anche se avete comprato l’apparecchio più sofisticato. Dato che siamo ancora in una fase sperimentale, la disponibilità di tali servizi dipende dagli operatori della vostra zona. In effetti, proprio chi avrebbe più necessità di accedere ai nuovi canali, ovvero chi vive in montagna o in zone isolate, dove il segnale tradizionale si vede male, probabilmente riuscirà a vedere, almeno i primi tempi, solo uno schermo nero. In seguito la copertura di tutto il territorio italiano dovrebbe essere garantita. Ad ogni modo, per ora, se tutto va bene, spendendo qualche altro centinaio di euro, riuscirete a vedere più o meno gli stessi programmi che già potete vedere oggi e sicuramente molti di meno di quelli che vede chi ha una parabola, per non parlare di chi a questa ha aggiunto un abbonamento a una pay-tv.

Supponiamo tuttavia che il vostro impianto sia perfetto, la zona ottimamente coperta e che l’emittente sia già in una fase avanzata di sperimentazione. A questo punto resta solo da acquistare il decoder. Assumendo inoltre che, acquistato il decoder e collegatolo al televisore e all’antenna, tutto funzioni, non dovrebbero esserci altre sorprese. Ma è veramente così?

Partiamo dall’acquisto del decoder. Iniziamo con il dire che si ha diritto al contributo governativo solo se il decoder che si desidera acquistare è «dotato di canale di ritorno tramite rete di telecomunicazione e di software per la gestione dell’interattività», in pratica, fra i decoder a basso costo, vale solo per quelli di tipo MHP. In Italia esistono infatti due tipi di decoder: quelli interattivi, che sono in grado di ricevere i programmi televisivi e di utilizzare i nuovi servizi disponibili con la televisione digitale, il cui costo medio si aggira sui 300 euro ma che possono arrivare anche a 500, e quelli non interattivi, detti anche zapper, in grado di ricevere solo i programmi televisivi e il cui costo va dai 100 ai 200 euro. Per quest’ultimi il contributo statale non è quindi previsto, anche se in futuro potrebbero scendere sotto la soglia dei 50 euro.

Inoltre il contributo viene erogato solo a chi è in regola con il pagamento del canone televisivo. Questo vuol dire che si può acquistare un solo decoder per famiglia a prezzo ridotto, qualunque sia il numero di televisori che si hanno in casa. E qui sorgono i primi problemi. Per vedere il digitale terreste è necessario un decoder per ogni televisore, questo almeno se si desidera vedere contemporaneamente diversi canali, cosa più che ragionevole se si hanno in casa più televisori e i gusti in materia di programmi sono diversi, in famiglia. Ovviamente qualcuno ha già progettato specifici congegni per ritrasmettere il segnale del decoder sugli altri televisori di casa, ma così tutti sono costretti a vedere lo stesso canale. Inoltre il decoder ha in genere un’uscita per il televisore e una per il videoregistratore, ma il segnale trasmesso è lo stesso, ovvero, è possibile registrare solo il canale che si sta vedendo. I VCR, infatti, hanno un loro sintonizzatore, per cui è normale poter registrare un canale differente da quello che si sta vedendo sullo schermo del televisore. Per fare la stessa cosa dopo il 2006, sarà necessario avere un decoder sia per il televisore che per il videoregistratore. In fondo non è necessario essere ricchi oggi per avere in casa due televisori e un videoregistratore. Oggigiorno si può acquistare un buon VCR per un centinaio di euro e spesso il secondo televisore è semplicemente quello vecchio che si è tenuto all’acquisto di un modello più recente. Passare al digitale per una famiglia con due TV e un VCR vuol dire spendere almeno 450 euro, ovvero €300 per l’acquisto di due decoder non interattivi e €150 per l’acquisto di un decoder interattivo, assumendo siano rimasti fondi per il contributo governativo. Al finire dei 110 milioni di euro stanziati dal Governo, il costo minimo per una famiglia tipo potrebbe salire a €600.

Se poi si desidera usufruire di servizi interattivi sarà necessario collegare il decoder a una linea telefonica. Questo implica altri costi: a parte il costo della telefonata che non sarà necessariamente quello di una tariffa urbana ma dipenderà dal servizio richiesto, c’è da tener presente che l’interattività terrà impegnata la linea telefonica di casa. Da qui la possibilità di dover acquistare una seconda linea, se si pensa di fare un uso intensivo di questi servizi, anche perché al momento non si ha notizia di decoder collegabili via Internet su una linea ADSL. Certo, per ora si pensa più che altro a pagare il bollo della macchina o a votare per il personaggio preferito durante l’ennesimo reality show, ma in futuro l’interattività potrebbe diventare più spinta. Certo che con un modem tradizionale integrato nel decoder, più di tanto non si potrà trasmettere.

Ci sono altri due punti che lasciano perplessi. Il primo è il fatto che si continuano a sviluppare e vendere nuovi modelli di televisori tradizionali, soprattutto del tipo piatto, il cui prezzo è sceso considerevolmente negli ultimi anni. C’è da chiedersi fino a che punto sia lecito vendere un prodotto che fra due anni non potrà funzionare da solo e se effettivamente l’acquirente viene informato della cosa al momento dell’acquisto. Tanto più che l’obsolescenza riguarderà non solo i televisori tradizionali ma anche le schede video per PC e i monitor al plasma da 15” e 17” che hanno anche il sintonizzatore integrato. Probabilmente i grandi schermi piatti venduti oggi potranno essere modificati per integrarvi dentro un decoder, ma non si tratterà comunque di un intervento gratuito. Il secondo punto è: perché si sta forzando a tutti i costi questo cambiamento tecnologico? In un regime di libero mercato il successo di una tecnologia deve dipendere anche e soprattutto dall’apprezzamento dei consumatori. È successo così con i cellulari e con Internet, quindi perché non lasciare che il digitale terrestre si faccia le ossa sul campo, come già per altre tecnologie?

Certo, in futuro molti apparecchi televisivi saranno provvisti di decoder integrato, ma, a parte che questo farà inizialmente lievitare i prezzi dei televisori, non si potrà più, dal 2006 usare il vecchio apparecchio analogico senza decoder, per cui, o si compra un decoder a basso prezzo per ogni televisore, VCR e in generale per ogni sintonizzatore presente in casa, inclusa la scheda video sul PC, o lo si butta. Ci sono oltre 50 milioni di televisori analogici nelle case italiane, e almeno 20 milioni di VCR. I televisori classici sono per giunta rifiuti speciali, dato che i tubi catodici contengono fosforo. Dove li buttiamo, con tutti i problemi che abbiamo già in campo ambientale nello smaltimento dei rifiuti? Forse il vero costo del digitale terrestre rischiamo di pagarlo in altro modo in un paese che già oggi deve esportare buona parte dei suoi rifiuti all’estero e non riesce a risolvere lo smaltimento di molti tipi di rifiuti speciali come ad esempio le scorie radioattive. C’è da pensare…

Intervista

Abbiamo intervistato Riccardo Mestici, contitolare di un centro assistenza autorizzato della Sony a Roma.

D. de Judicibus Sig. Mestici, ma quanti canali riusciremo effettivamente a vedere con il digitale terrestre?
R. Mestici

Ci potranno essere al massimo settanta bouquet differenti, ognuno capace di contenere fino a otto diversi canali. Ogni bouquet rappresenta una delle frequenze attualmente utilizzate per un singolo canale tradizionale. Ovviamente non è detto che tutti questi canali saranno effettivamente utilizzati e solo alcuni saranno dotati di servizi interattivi.

D. de Judicibus Ma perché i nuovi televisori, almeno quelli di fascia alta, non includono già il decoder?
R. Mestici

Perché altrimenti non si potrebbero vedere i canali attualmente trasmessi, a meno di non mettere due sintonizzatori, uno per il digitale terrestre e uno per le trasmissioni analogiche. Questo, tra l’altro, comporterebbe un corrispondente aumento dei costi dell’apparecchio, senza contare il fatto che dal 2006 il sintonizzatore tradizionale non sarà comunque più di alcuna utilità.

D. de Judicibus Secondo lei, quale sarà l’impatto ambientale di questa nuova tecnologia?
R. Mestici

Innanzi tutto ci sarà una diminuzione dell’inquinamento elettromagnetico, perché la potenza necessaria a trasmettere è circa dieci volte inferiore a quella dei sistemi tradizionali. D’altra parte ci sarà un aumento di rifiuti speciali, in quanto nei tubi c’è una certa quantità di fosforo e nei condensatori c’è in genere un liquido acido, senza contare che molte componenti di un televisore o di un VCR non sono biodegradabili. Alcuni comunque si stanno già organizzando a riguardo; ad esempio, il nostro centro ha stipulato un accordo con l’A.M.A. per lo smaltimento di questi rifiuti tossici come previsto dall’attuale normativa a tutela dell’ambiente.


Un commento su “DGTV: tutto quello che non vi hanno mai detto
  1. utente anonimo ha detto:

    ..porcalamiseriaccia..
    [L’infacèto]

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