Ieri mia figlia Isabella mi ha detto che durante un’interrogazione d’italiano le hanno chiesto di recitare una poesia a memoria, una del Foscolo, e che verso la fine si è bloccata, ha avuto come un vuoto di memoria. Con le poesie a volte è così: finché le reciti va tutto bene, ma se ti perdi anche una sola una parola, può succedere che non riesci più ad andare avanti. Comunque sono rimasto abbastanza sorpreso dal fatto che in terza media chiedano ancora di imparare le poesie a memoria. In effetti sembra che Isa ne debba conoscere almeno una per ogni poeta che studieranno quest’anno, quindi oltre una dozzina.
Per quanto mi riguarda, sono sempre stato contrario a far imparare a memoria le poesie. Ritengo che non serva assolutamente a niente. Certamente non serve ad allenare la memoria; se lo scopo dovesse essere quello, allora sarebbe molto meglio se agli studenti si insegnassero alcune delle più comuni tecniche mnemoniche. Ce ne sono moltissime e tutte assolutamente valide, ognuna specifica per un certo tipo di informazione: liste di nomi, numeri formati da più di dieci cifre, brani di testo o musicali, e persino sequenze di simboli o immagini. Non è certo lo studiare a memoria un testo che permette di addestrare la memoria, quanto piuttosto l’utilizzo consapevole di uno o più di questi metodi. A quel punto la singola poesia rappresenterebbe solo uno dei tanti modi per verificare l’acquisizione di una tecnica specifica.
La Poesia rappresenta un’espressione artistica importante perché libera l’autore dai vincoli che solitamente imbrigliano la Prosa, portandolo a usare le parole più come un pittore che come uno scrittore. Essa ha sempre avuto una sua musicalità, anche quando non la si è fondata su una metrica precisa. Le rime, le assonanze, il suono stesso delle parole, acquistano un significato che va al di là della semantica del contenuto. Questo è ciò che uno studente dovrebbe conoscere di una poesia: il suo significato più profondo; impararne a memora il contenuto non ha più senso che imparare a memoria una pagina a caso di un romanzo.
L’abitudine a far declamare le poesie nasce dal fatto che la Poesia, al contrario della Prosa, ha tratto le sue origine dal Teatro e quindi dalla recitazione. Ovviamente un attore non recita solitamente con un foglio tra le mani ed è quindi normale che debba conoscere il testo da recitare a memoria. Tuttavia, facendo imparare a memoria le poesie agli studenti, si confonde il mezzo con il fine. Il fine, infatti, non è la conoscenza del brano, ma la capacità di recitarlo, di dare al testo quella melodicità, quella ritmica, che solo a tratti si può ritrovare nella prosa, e non in tutta la prosa, comunque.
Quindi, ancora una volta, se è la recitazione l’obiettivo, allora è quella che bisognerebbe insegnare. La memorizzazione del singolo brano, a questo punto, sarebbe solo uno strumento, al più un elemento di valutazione del grado di apprendimento. Imparare a recitare è di nuovo una questione di tecnica, di metodo, e non vale solo per la poesia. Chiunque si sia trovato a esporre un argomento come relatore in una conferenza, magari di fronte a un pubblico formato da diverse centianaia di persone, sa quanto sia importante saper parlare, o meglio, sapere comunicare. La comunicazione da un palco non coinvolge solo la voce, ma anche lo sguardo, l’espressione del volto, la postura, i movimenti del corpo, persino le pause.
Chi presenta, chi sa presentare davvero, non sta fermo imbambolato dietro a un pulpito a ripetere con voce monotona quanto chiunque potrebbe già leggere sulle diapositive proiettate alle sue spalle, ma si muove, si sposta da una parte all’altra del palco, alza e abbassa la voce, inframezza frasi a effetto con intervalli di silenzio volutamente studiati, cercando nel contempo di sentirlo il pubblico, di coglierne le aspettative, di percepirne l’eventuale disagio o disinteresse. La comunicazione non è mai a senso unico, neppure quando a parlare è uno solo e gli altri ascoltano. Anche il pubblico comunica, a modo suo. La dimostrazione di attenzione piuttosto che il mostrarsi distratti sono tutti segnali che un buon relatore deve saper cogliere, proprio come un attore di teatro. Tutto ciò non si improvvisa. Ci vogliono anni per acquisire queste tecniche, specialmente quando si comunica in una lingua che non è la propria, come ad esempio l’inglese.
In generale quindi, saper comunicare, così come saper osservare o ricordare, sono tutte qualità molto utili e apprezzate nella vita, e poterle apprendere fin dai primi anni di scuola è sicuramente un vantaggio. Per questo credo sarebbe importante, invece di pretendere che i ragazzi sappiano ripetere a pappagallo, in modo più o meno decente, quattro versi in rima, insegnare loro quelle tecniche e metodi che possano essere loro utili quando dovranno trovarsi un lavoro. Un esempio sono le tecniche di memorizzazione, ma anche quelle di lettura rapida, di osservazione, così come i metodi di comunicazione, di presentazione, di risoluzione dei problemi. Tutto ciò, completato con la capacità di effettuare un’analisi approfondita di quello che è il significato di un’opera artistica, sia essa poesia, prosa o visuale, potrebbe rappresentare un valido ausilio per i nostri figli e aiutarli a diventare individui maturi e preparati sia sul piano culturale che su quello sociale. A quel punto, imparare a memoria una poesia, sarebbe solo un di cui.
ciao ho appena letto il tuo commento. purtroppo credo che vadano potenziate le abilità metacognitive dei ragazzi e non di certo queste. io sono uno studente, e frequento il secondo anno del liceo scientifico. personalmente, apprezzerei di più una poesia capendo le intenzioni, i sentimenti e le problematiche che l'autore ha voluto esprimere nella poesia, che impararla a memoria, eppure nella mia classe, siamo quasi costretti, tutt'ora a ricordarcele
chiedi a calvino se è non è importante imparare poesie
Tutto può essere importante ma in assoluto la cosa più importante è il metodo. Se conoscere una poesia a memoria è importante, allora che si insegnino prima le tecniche di memorizzazione, altrimenti è come pretendere di insegnare a scrivere senza fornire né carta né penna.