Ieri stavo leggendo su «La Stampa» un articolo che riportava la notizia di un dibattito sorto a fronte della domanda di un lettore del New York Times se fosse lecito o meno scaricare un libro digitale pirata una volta acquistato l’originale cartaceo. La risposta del giornalista americano era stata: è illegale ma non contrario all’etica.
Risposta interessante che possiamo generalizzare: quando qualcosa è illegale e quando è contrario all’etica? In prima battuta la risposta sembra semplice: è illegale quando viola una legge, contrario all’etica quando viola un principio etico. Ma le due cose sono davvero indipendenti?
Di quale etica stiamo parlando?
Consideriamo innanzi tutto l’Etica. È un fatto che non esista una sola Etica ma piuttosto diverse etiche, ognuna legata a propri principi e a una specifica scala di valori. L’etica di un cristiano può essere diversa da quella di un buddista così come, a loro volta, entrambe possono differire da quella di un ateo, se consideriamo l’aspetto religioso. Ma l’etica varia spesso anche in base alla geografia, alla cultura, al ceto sociale, alla generazione, solo per nominare alcuni dei fattori differenzianti. In definitiva potremmo dire che ognuno di noi ha una sua etica. Ovviamente ognuna di queste etiche può avere valori e principi comuni, ovvero possono esistere sovrapposizioni più o meno marcate. A quale etica dobbiamo dunque fare riferimento nella nostra discussione?
Dato che vogliamo confrontarla con la Legge e dato che in linea di massima ogni Stato ha le sue leggi, dobbiamo trovare una definizione di etica che faccia riferimento allo stesso ambito, ovvero quello di una specifica unità politica alla quale possiamo associare una legislazione. Avremo quindi un’etica e una legge in Italia, una di un tipo e una dell’altro nell’Unione Europea, una ed una negli Stati Uniti d’America, solo per fare alcuni esempi. Probabilmente potremmo definire un etica anche su scala planetaria ma sarebbe di poca utilità per la discussione in essere, dato che non esiste davvero una legislazione a livello globale. Al più potremmo limitarci all’ONU o a qualche organizzazione multi-nazionale, ma in questo caso più che di leggi dovremmo parlare di raccomandazioni, dato che quelle normative non sempre sono applicate dagli stessi Stati membri che le hanno firmate.
Esiste un’etica non individuale?
Come definiamo quindi l’etica all’interno di un ambito più ampio di quello individuale, ad esempio a livello di Paese? Non è facile: dato che i valori etici tendono a confliggere quando sono differenti, se pensiamo ogni etica come un insieme di valori e principi, potremmo pensare all’intersezione di tutte le etiche di tutti i cittadini di quel Paese. Ho tuttavia il sospetto che una scelta del genere finirebbe per rappresentare un insieme di valori e principi piuttosto esiguo, dato che all’interno di ogni Paese ci sarebbero verosimilmente posizioni piuttosto diverse se non addirittura antitetiche.
Un’altro approccio potrebbe essere quello cosiddetto “democratico”, ovvero di focalizzarsi sull’etica condivisa dalla maggior parte dei cittadini. Ma se ogni etica è un insieme, non è facile definire in questo caso cosa si intenda per maggioranza, ovvero non possiamo confrontare fra loro le etiche individuali come singole unità di valori perché sono insiemi non comparabili. Non esiste infatti un’unico insieme a cui un numero significativo si rifà senza distinguo, neppure all’interno della stessa fede religiosa, nonostante sia uno dei fattori uniformanti più potenti: qualche differenza, infatti, c’è sempre.
Potremmo allora concentrarci su un sottoinsieme, ma poi come facciamo a sapere che quello che lasciamo fuori non è assolutamente fondamentale per l’etica in questione? Non tutti i principi e valori in un’etica hanno infatti lo stesso peso. Persino quando due individui condividono sostanzialmente gli stessi valori e principi, probabilmente non danno ad essi lo stesso peso, ovvero non hanno scale di valori congruenti, uguali priorità.
E allora? Se non definiamo un’etica applicabile a un certo ambito, ad esempio un Paese, l’intera discussione rischia di perdere di significato. La risposta non è semplice ma c’è: non è possibile se vogliamo considerare l’etica nel suo complesso, tuttavia, se ci focalizziamo su un sottoinsieme specifico di valori e principi logicamente correlati o addirittura su un singolo valore o principio, purché sufficientemente isolabile, possiamo dire qual è la percentuale della popolazione che condivide tale elemento. Se questa percentuale è significativa, allora, possiamo dire che quell’elemento ha una validità nell’ambito specifico.
Bene, ma questo come ci aiuta a definire un’etica complessiva che affronti la maggior parte delle tematiche sociali? Vediamolo.
Come si può trovare un’etica condivisibile?
Volendo affrontare il problema su un piano più razionale dobbiamo adottare un approccio di logica formale e quindi, per prima cosa, dobbiamo definire alcuni termini, se no rischiamo di perderci sull’interpretabilità fisiologica del linguaggio naturale.
Partiamo dai valori. Diciamo che un valore è un elemento di riferimento per poter esprimere un giudizio. Possiamo comparare il valore a un metro, ovvero a un modo per misurare qualcosa. Un insieme di valori forma di fatto una metrica, per cui possiamo dire che l’insieme dei valori morali di un individuo stabilisce una metrica di giudizio.
Cos’è allora un principio? Possiamo dire che un principio etico è un elemento che permette di stabilire uno o più valori. Se vogliamo, un principio sta all’etica come un postulato o assioma sta a una matematica. Un’etica è quindi formata da un certo numero di principi che permettono di stabilire e dare un peso a un insieme di valori i quali a loro volta stabiliscono una metrica per esprimere giudizi e quindi prendere decisioni su ogni aspetto della nostra vita. Possiamo considerarla una definizione rigorosa.
A questo punto, se è vero che i valori scaturiscono dai principi, fermo restando che questa relazione non è proprio la stessa per tutti, concentriamoci su quest’ultimi. Innanzi tutto teniamo presente che alcuni principi sono indipendenti fra loro, altri invece sono correlati. Prendiamo allora l’insieme unione di tutti i principi indipendenti appartenenti alle varie etiche di un ambito ben definito, ad esempio tutti i cittadini di un Paese. Ovviamente questo insieme sarà incoerente, dato che conterrà principi in conflitto fra loro.
Adesso togliamo da questo insieme tutti i principi che sono condivisi da una percentuale di popolazione inferiore a una certa soglia. Scegliendo opportunamente questa soglia, possiamo pensare di arrivare a un insieme di principi coerenti, ovvero quantomeno non in conflitto fra loro. Se adesso prendiamo tutti i principi correlati e li riuniamo in macro-principi che chiamiamo modelli e applichiamo lo stesso procedimento, avremo alla fine, unendo il tutto, un insieme di modelli, principi e i corrispondenti valori che, pur non essendo equivalente ad alcuna delle etiche individuali da cui siamo partiti, possa considerarsi condiviso da un numero rilevante di individui. Diciamo che questa è l’etica di riferimento in quello specifico ambito.
Come confrontiamo allora Etica e Legge?
Il principale difetto del metodo appena utilizzato è che se in un certo Paese esistono posizioni molto differenti, la selezione basata su una certa soglia prestabilita permetterà sì di costruire un insieme coerente ma non necessariamente completo, ovvero, su certe tematiche potrebbe essere impossibile trovare principi condivisi da una pur risicata maggioranza. In pratica, questo metodo potrebbe costruire un’etica condivisa solo su certi temi lasciandone altri in una situazione di conflitto sociale, il che è poi ciò che effettivamente avviene nella maggior parte dei Paesi.
Se vogliamo quindi comparare Etica e Legge, potremmo avere dei problemi anche usando il metodo suddetto. Tuttavia c’è da considerare il fatto che anche la Legge spesso non è completa, ovvero non copre necessariamente in modo esaustivo tutte le tematiche, lasciando vuoti che vengono a volte colmati dalla giurisprudenza ma che a volte rimangono a lungo irrisolti. Ne consegue che l’Etica condivisa così come l’abbiamo definita, non sarebbe stata comunque sufficiente per una comparazione a 360° su qualsiasi tema sociale dato che la Legge stessa non è mai davvero esaustiva, fosse solo perché la società è in costante evoluzione e nuove tematiche si presentano in continuazione.
Il confronto tuttavia è possibile se ci confrontiamo con un tema specifico che sia coperto sia dall’Etica condivisa, sia dalla Legge di quel determinato Paese. E qui torniamo alla domanda iniziale: può qualcosa essere legale ma non etico, etico ma non legale, né l’uno né l’altro, entrambe le cose?
Verrebbe voglia di rispondere «Sì, certo! Tutte e quattro le combinazioni sono possibili!» il che, poi, è quello che possiamo constatare nell’esperienza di tutti i giorni. Ma questo che implicazioni ha? Consideriamo la Legge, prima. Una buona legge dovrebbe nascere innanzi tutto dalla profonda conoscenza che si ha di un certo problema, ma anche dall’allineamento con quelli che sono i principi dell’etica condivisa che fanno riferimento al problema in oggetto e a una sua eventuale soluzione. Se infatti una legge risolvesse un problema ma lo facesse in un modo contrario a ciò che la maggioranza ritiene essere giusto, essa finirebbe per scatenare forti polemiche e dure critiche. È quindi indispensabile che l’insieme delle leggi di un Paese, quantomeno di uno democratico, abbiano un certo grado di accettabilità sul piano etico, altrimenti si arriva al conflitto sociale. Ma allora Etica e Legge non sono due variabili indipendenti e questo pone dei vincoli sulle combinazioni accettabili.
Tornando alla domanda che ci siamo posti, sicuramente qualcosa può essere sia etico che legale, così come non etico e illegale. Queste due combinazioni sono coerenti e hanno quindi quell’allineamento fra Legge ed Etica che in un Paese rappresenta una condizione ideale. Consideriamo ora le altre due combinazioni. Può qualcosa essere legale ma non etico? Certo, ma allora vuol dire che il legislatore ha applicato un’etica di parte, non condivisa. Questo porterebbe inevitabilmente a una spaccatura fra politica e cittadini, perché qualcuno sta cercando di rendere accettabile a livello legale qualcosa che la maggior parte della gente rifiuta a livello morale. Non è detto che questo sia necessariamente negativo. A volte il legislatore può avere una visione più ampia e più lungimirante della gente e arrivare per primo là dove il resto del Paese deve ancora giungere, ma è chiaro che la transizione sarà dolorosa perché la legge finirà per mettere in discussione valori etici consolidati e questo ha un prezzo spesso alto.
E la combinazione opposta? Etico ma illegale? Questa situazione è anche più difficile da accettare, perché qualcosa che viene considerato giusto dal popolo in questo caso è ritenuto addirittura un reato dal legislatore. Nel caso precedente, infatti, possiamo pensare che la maggior parte delle persone, ritenendo qualcosa non etico, non lo metta in pratica anche se legale, il che vuol dire che l’impatto è limitato. Qui invece abbiamo qualcosa che la maggioranza ritiene giusto, e quindi vorrebbe mettere in pratica, ma la legge lo impedisce. Questa situazione viene vista quindi come un’ingiustizia ed è di conseguenza meno accettabile della precedente. Il risultato spesso è il conflitto sociale. Ma perché succede? In questo secondo, ad esempio, caso potrebbe essere il legislatore a essere “rimasto indietro”.
In entrambi questi due ultimi casi, tuttavia, molto spesso l’incoerenza e la mancanza di allineamento fra Etica e Legge è legata a interessi specifici, ovvero alla pressione di lobby di potere economico e/o politico che usano la legge come strumento per garantire determinati privilegi indipendentemente dalla volontà popolare la quale, in un sistema davvero democratico, dovrebbe essere il riferimento primo. Come ci riescano, ovvero, come ottengano il consenso è un discorso lungo che in parte abbiamo già affrontato quando abbiamo parlato di disinformazione, e che sfrutta leve psicologiche spesso complesse dato che vengono amplificate da meccanismi di massa che sono più facilmente sfruttabili di quelli che agiscono sul singolo.
Ognuno di voi può facilmente identificare in molti conflitti e polemiche che hanno caratterizzato gli ultimi anni della nostra politica, un esempio di ognuna di queste quattro combinazioni e rilevare direttamente se è vero o meno che le conseguenze sono state quelle qui riportate.
In conclusione?
In conclusione, un sistema sano dovrebbe sempre vedere Etica e Legge allineate, ovvero se qualcosa è illegale dovrebbe anche essere non etico e viceversa. Così non è e questo vuol dire che la nostra società non riesce ad esprimere delle regole che siano coerenti con quella che è la metrica che usiamo per decidere se una cosa è giusta o sbagliata. Da qui i conflitti sociali. Questo può avvenire per vari motivi: ignoranza, pregiudizi, interessi. Ovviamente non è detto che debba sempre essere la Legge ad allinearsi all’Etica. A volte è l’Etica che deve accettare nuove prospettive e vedere in una buona Legge un’opportunità di maturazione a livello sociale. Fatto sta che dove c’è disallineamento c’è un problema e dove c’è un problema qualcuno ne paga il prezzo.
Tornando quindi alla risposta del giornalista americano, se quello che afferma è vero, allora c’è un problema di disallineamento e quindi, o riconduciamo la legge all’etica in cui ci riconosciamo, oppure rivediamo i nostri valori e conveniamo che quella legge rappresenta una scelta più saggia. Naturalmente possiamo lavorare su entrambe contemporaneamente, ma lasciare le cose come stanno porterà solo a un inasprimento del dibattito, e questo vale per tutto ciò che riguarda la rete in generale. Sono infatti anni che si parla di stabilire delle leggi che diano una sorta di regolamentazione alla rete la quale, peraltro, ha una sua etica che spesso differisce profondamente da quella dei singoli Paesi dato che è già il risultato di una condivisione a livello planetario di valori e principi. La rete, infatti, è un ambiente autoregolamentato a carattere estremamente liberale. Applicare ad essa regole che nascono da ambiti più ristretti sta portando a un conflitto sempre maggiore fra chi si sente cittadino della rete e chi ancora ragiona con logiche nazionali. Il problema diventerà sempre più critico nei prossimi anni, man mano che sempre più informazioni e contenuti passeranno per la rete. Senza uno sforzo serio di allineamento, prima o poi si arriverà allo scontro.
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