Uno dei problemi più gravi che ha il nostro Paese è quello della forte dipendenza dal petrolio e della mancanza di una politica energetica valida. Per un Paese industrializzato l’energia è una componente essenziale e da essa dipende di fatto l’intera economia del Paese, compreso il costo della vita.
Purtroppo, quando si affronta questo problema lo si fa il più delle volte su basi ideologiche o pregiudizi, e comunque ci si concentra su questioni tipo «nucleare sì, nucleare no» oppure si fa confusione tra vettori energetici, come l’idrogeno, e fonti energetiche, come il petrolio.
La scelta di quale sia la strategia energetica migliore deve invece basarsi su considerazioni oggettive, vedere il Paese come un sistema e quindi considerare tutti gli aspetti e le conseguenze di determinate scelte, e soprattutto basarsi su dati inconfutabili, non considerazioni di carattere generico. Inoltre bisogna ricordare che quando parliamo di energia non intendiamo solo quella elettrica, ma anche quella "combustibile", usata per il riscaldamento, per cucinare e come carburante per i trasporti.
Fattori di scelta
Tre sono i parametri essenziali per definire tale strategia:
- disponibilità di fonti energetiche,
- costo di produzione,
- impatto ambientale.
Molte posizioni tendono a privilegiare uno di questi criteri rispetto agli altri, mentre essi sono tutti altrettanto importanti. È un errore molto grave.
La disponibilità è fondamentale perché comprende vari aspetti. Intanto ci dice se abbiamo la possibilità di accedere a una determinata fonte energetica e dove, sul nostro territorio. Ad esempio, una centrale idroelettrica va costruita dove esiste un potenziale idrico significativo, mentre una geotermica va impiantata in regioni dove questo tipo di fonte è consistente. Il problema è garantire ovunque una produzione minima di una certa entità e assicurare che tale produzione abbia una buona continuità. Gestire una fonte con un’elevata variabilità di produzione è improponibile, soprattutto se si sta cercando di soddisfare il fabbisogno industriale. La maggior parte dell’energia non è infatti quella utilizzata dalle abitazioni private, ma dalle fabbriche e dai macchinari industriali. Entità, affidabilità e continuità sono quindi tre parametri molto importanti. La disponibilità è anche legata al territorio: più lontano si trasporta l’energia elettrica, più se ne perde, per cui è importante che ogni regione sia capace di produrre gran parte dell’energia che consuma.
Il secondo aspetto è il costo. Non è un fattore secondario, anzi. Qualcuno afferma che pur di non avere alcun impatto ambientale bisognerebbe accettare qualsiasi costo, anche elevato, ma è un modo miope di pensare. Spendere di più vuol dire avere meno denaro per investire da una parte, pesare conseguentemente sul costo della vita dall’altra. Più costa l’energia, più costa qualsiasi cosa venga prodotta. Sprecare soldi non è mai una buona idea. Proteggere l’ambiente ha un costo e se per produrre energia spendiamo troppo non avremo neppure i soldi per altre iniziative di protezione ambientale. Forse qualcuno penserà che il denaro pubblico sia una risorsa infinita ma non è così, e aumentare le tasse non è una buona idea da devolvere sulla protezione dell’ambiente perché di nuovo si va a pesare sul costo della vita. Dobbiamo costruire una società sostenibile sia sul piano ambientale che su quello etico, ma la sostenibilità è equilibrio, non far pendere l’indice tutto da una parte. Il costo dipende da molti fattori: in primis quello di produzione dell’energia e quello del trasporto. Di nuovo, produrre dove si consuma fa risparmiare sul trasporto, ma vuol dire anche potere e sapere sfruttare le fonti locali.
Un altro aspetto importante riguarda l’impatto ambientale. Va chiarito subito un punto: qualsiasi iniziativa umana ha un impatto ambientale. Non esistono né possono esistere iniziative a impatto zero: è un’utopia. Quello che dobbiamo fare è creare un sistema dinamico capace di riequilibrare l’impatto. Ad esempio, in Canada si usa moltissimo il legname come materiale di costruzione; tuttavia l’industria del legname canadese ha saputo trovare il giusto equilibrio attraverso un’azione efficace di rimboschimento. Il sistema funziona e il Canada non ha certo i problemi che invece ha il Brasile con la foresta amazzonica. Ogni centrale ha un impatto ambientale, sia quella nucleare che quella solare o eolica. Persino il geotermico, dato comunque che svuota sacche di gas ad alta pressione. Utilizzare risorse naturali vuol dire sottrarle alla natura. C’è tuttavia modo e modo per farlo. Una centrale a pannelli fotovoltaici di grandi dimensioni, ad esempio, altera sensibilmente l’albedo locale e quindi il microclima della zona. Un sistema di pale per lo sfruttamento del vento va costruito secondo determinati criteri per ridurre l’impatto ambientale. Una centrale nucleare di terza generazione non è certamente pericolosa per la salute, ma vanno comunque gestite le scorie e soprattutto bisogna evitare l’inquinamento termico delle acque di raffreddamento.
C’è un quarto fattore da tener presente, ed è il rischio. È uno dei fattori più delicati ma non tanto sul piano tecnologico, dato che se le cose si fanno bene, si può mantenere a livelli molto bassi, ma su quello psicologico e sociale. La gente tende infatti a dare al rischio un valore assoluto, ovvero non compara il rischio di una certa tecnologia con quello di altre che già usa, così che si creano dei paradossi per cui tecnologie decisamente sicure sono considerate più pericolose di altre che si utilizzano quotidianamente. Un esempio sono gli OGM, osteggiati in Italia, sebbene la maggior parte della pasta che mangiamo sia fatta con grano modificato geneticamente tramite irradiamento, una tecnica ben più imprecisa di quelle usate in laboratorio per gli OGM. C’è quindi molta ignoranza e pregiudizio, spesso strumentalizzato a livello politico, il che non aiuta a prendere decisioni valide.
Strategia energetica
Su cosa si deve basare quindi una politica energetica intelligente? A mio avviso su tre approcci:
- diversicazione delle fonti,
- autonomia energetica sul territorio,
- risparmio energetico.
Diversificare le fonti vuol dire non dipendere da una sola fonte energetica, come avviene attualmente per l’Italia, dove il petrolio rappresenta la fonte energetica prevalente. La stessa Francia ha una dipendenza eccessiva dal nucleare. La politica più appropriata sembra essere quella tedesca, che utilizza nucleare, solare, eolico e altre fonti energetiche per soddisfare gran parte del suo fabbisogno. Da noi questo vuol dire sfruttare in ogni regione fonti diverse. Ad esempio, dove possibile l’idroelettirco, come già si fa in alcune regioni. Ma anche il geotermico di nuova generazione, che potrebbe soddisfare una fetta consistende del fabbisogno energetico di regioni come il Lazio e la Calabria. Il fotovoltaico non è una forma efficiente di produzione di energia elettrica, ma il sole può essere utilizzato grazie a specchi che concentrano il calore su una fornace dove questo viene utilizzato per produrre energia elettrica. L’utilizzo di sali fusi per i periodi notturni e le giornate nuvolose permetterebbe un ragionevole livello di continuità, come dimostrano il progetto americano e quello spagnolo. Analogamente si potrebbe sfruttare nell’Adriatico settentrionale l’eolico, grazie a pale poste in mare aperto, in zone comunque di fondale basso, posizionate in modo da sfruttare i forti venti che vengono dalla Russia e dall’Ucraina. Anche qui sarebbero necessari meccanismi di accumulo per garantire la continuità energetica. Il tutto va realizzato facendo attenzione ai costi non solo di messa in opera, ma anche quelli di manutenzione, costi che molti sottovalutano o ignorano del tutto.
Dove non esistano fonti locali si dovrebbe puntare sul nucleare di terza generazione, quindi più sicuro di quello comunque già collaudato dai francesi e dal quale ricaviamo una buona parte dell’energia elettrica utilizzata in Italia. Non starò qui a spiegare perché il nucleare sia molto più sicuro di quanto si voglia far credere e soprattutto molto più pulito di altre fonti energetiche, come il carbone, che tra l’altro produce anche inquinamento radioattivo. Chi vuole, si vada a cercare in rete informazioni in proposito. Sul nucleare si sono dette molte sciocchezze, molto spesso in mala fede. Il prezzo che abbiamo pagato, rinunciandovi, è già stato fin troppo alto. Vediamo di non fare di nuovo lo stesso errore con le nuove tecnologie nucleari, anche perché molti Paesi appena entrati nell’Unione Europea lo stanno adottando, alcuni anche confinanti con il nostro.
L’autonomia territoriale è essenziale, ma lo è anche un sistema di gestione dell’intera rete computerizzato, per bilanciare l’inevitabile variabilità nella produzione energetica conseguente alla diversificazione. Ogni fonte ha infatti una sua variabilità che dipende dal modo in cui è prodotta, e solo un sistema computerizzato può gestire un sistema di questa complessità, soprattutto a fronte di eventuali problemi contingenti. La mancanza di un tale sistema negli USA, che hanno una rete molto vecchia, ha portato a gravi conseguenze con black-out molto estesi, soprattutto nel nord-est del Paese.
Il risparmio energetico è fondamentale perché sprechiamo oltre il 50% dell’energia che produciamo. E importante sprecarne di meno e trasformare quella eccedente in altre forme comunque riutilizzabili. Un esempio è il teleriscaldamento, che sfrutta il calore prodotto nello smaltimento dei rifiuti e delle acque nere reindirizzandolo verso i sistemi di riscaldamento di abitazioni e uffici, invece di disperderlo come inquinamento termico. Le nostre case disperdono nell’ambiente oltre il 60% del calore prodotto per riscaldarle. Se ogni nuova casa costruita sfruttasse materiali coibentanti fin dall’inizio e utilizzasse sistemi di riscaldamento a pavimento invece che i normali termosifoni, tale percentuale si ridurrebbe sensibilmente. L’utilizzo di sistemi ibridi, inoltre, permetterebbe un risparmio notevole anche di energia elettrica. Il fotovoltaico in sé non è ancora conveniente, ma può essere utilizzato in modo mirato per determinate tipologie di consumi, come l’illuminazione per esterni, ad esempio. Facendo utilizzare alle lavatrici acqua già riscaldata, magari ottenuta con il fototermico, ridurremmo ulteriormente il consumo di energia elettrica. Nelle fabbriche potremmo sfruttare la cogenerazione di energia elettrica e calore, ad esempio convogliando il calore prodotto da molti processi industriali verso gli annessi uffici per riscaldare i locali. L’utilizzo di sistemi di riflessione verso terra di lampioni e l’uso di sensori crepuscolari per le luci degli uffici, ridurrebbe il consumo legato all’illuminazione, oltre che l’inquinamento luminoso prodotto dalle nostre città.
A livello di mezzi pubblici si dovrebbe puntare sulla TAV e sul trasporto su monorotaia a levitazione magnetica, come si sta facendo in Giappone, Cina e Germania. Inoltre si dovrebbe ridurre il trasporto su gomma e puntare sull’integrazione fra gomma, rotaia e trasporto via mare, oltre che rendere navigabili fiumi e canali.
Infine bisognerebbe puntare sulla ricerca. Ad esempio, esistono progetti di sfruttamento delle correnti atmosferiche ad alta velocità, i cosiddetti jet-stream, per la produzione di eolico ad alta quota. Anche le maree potrebbero fornire energia elettrica, se usate opportunamente. È importante capire tuttavia come ognuna di queste fonti, da sola, sia insufficiente. È la definizione di una strategia a tutto tondo, che integri tutte le varie fonti e ne garantisca la distribuzione sul territorio, complementata da una seria politica di risparmio energetico, che può cambiare sostanzialmente lo scenario energetico del nostro Paese e, quindi, il suo sviluppo industriale. Puntare su una sola idea o su iniziative scollegate fra loro è inutile e dispendioso. La domanda non è quindi quale fonte di energia sia la più appropriata, ma come integrare fra loro tutte le iniziative intese a produrre, distribuire e utilizzare intelligentemente l’energia. Il resto son chiacchiere.
Dimenticavo: iniziare ad utilizzare seriamente le luci LED anche al posto di quelle a basso consumo energetico.
Sottoscrivo la tua analisi che verra’ sicuramente ignorata da chi potrebbe operare concretamente.