Votare è un diritto. Peccato che per poterlo esercitare a volte bisogna fare i salti mortali. Non c’è bisogno di essere alle Fiji il giorno delle elezioni per perderlo questo sacrosanto diritto: basta essere in un’altra città, anche solo poche decine di chilometri dal proprio seggio elettorale, e non avere la possibilità di rientrare, magari semplicemente per il brutto tempo.
Se poi si è all’estero per lavoro o per studio è anche peggio. Solo ad alcune categorie — non si capisce bene perché ad alcuni sì e ad altri no — viene data la possibilità di votare all’estero. Per quanto riguarda le prossime elezioni nazionali, infatti —quelle del 24 e del 25 febbraio 2013, tanto per intenderci — le regole sono le seguenti:
Italiani residenti all’estero
I cittadini italiani residenti all’estero, possono votare per posta, ma non per i candidati in lista presso le circoscrizioni di appartenenza, ma per una lista a parte denominata circoscrizione estero. Se vogliono votare invece per i candidati della propria circoscrizione, devono rientrare in Italia, a condizione che abbiano comunicato entro il 3 gennaio 2013 tale intenzione. Altrimenti potranno votare solo per posta nella circoscrizione estero e dovranno far pervenire il loro voto entro le ore 16 del 21 febbraio 2013.
Italiani temporaneamente all’estero
Se invece si è all’estero per studio o lavoro, si perde il diritto a poter votare a meno di non rientrare in Italia in tempo o di appartenere ad una delle seguenti categorie:
- appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia impegnati nello svolgimento di missioni internazionali
- dipendenti delle amministrazioni statali, regionali o di province autonome, in servizio per un periodo da 3 a 12 mesi, e i loro familiari
- professori e ricercatori universitari in servizio presso istituti universitari e di ricerca all’estero per una durata complessiva dai 6 ai 12 mesi
In questo caso la circoscrizione di riferimento è il Comune di Roma, qualunque sia la loro residenza. I cittadini italiani che si trovino invece temporaneamente all’estero e non appartengano alle tre categorie sopraindicate, potranno votare esclusivamente recandosi in Italia presso le sezioni istituite nel proprio comune di iscrizione nelle liste elettorali.
Non so voi, ma per quanto mi riguarda queste regole sono in aperta violazione del diritto di voto sancito dalla Costituzione. Non è tanto la questione estero/non estero il punto, dato che si potrebbe anche pensare — ma vedremo che non è vero neppure questo — che il trovarsi all’estero costituisca una condizione ostativa al voto e quindi una regola del tipo «vota solo chi si trova in Italia» potrebbe sembrare ragionevole. In realtà neppure quella è vera, perché per votare dovete recarvi obbligatoriamente presso la vostra sezione di appartenenza nella vostra circoscrizione, per cui non è necessario essere all’estero per perdere il diritto a votare: basta semplicemente trovarsi in un’altra città e non potere, per un qualunque motivo, tornare in tempo nella località di residenza.
Il punto è che quelle regole non hanno alcuna logica e quindi discriminano in modo del tutto discrezionale. Ad esempio, perché il militare che presta servizio da 8 mesi può votare e quello che è fuori da oltre un anno no? Perché il ricercatore che è all’estero per lavoro può votare e lo studente che è all’estero per un corso no? E perché il funzionario di una provincia autonoma può votare ma quello di qualsiasi altra provincia no? Mi sembra evidente la discrezionalità. Facevano prima a tirare un dado e selezionare così le categorie.
In pratica è l’ennesima dimostrazione di quanto lo Stato Italiano tenga in considerazione i nostri diritti: carta straccia.
A questo punto qualcuno potrebbe obiettare come sia estremamente difficile garantire l’unicità del voto quando un cittadino si trova a non poter votare presso la sezione di appartenenza della propria circoscrizione. Ebbene, questo è del tutto falso. Basta ricorrere alla tecnologia; non a qualche invenzione futuristica o balzana, ma alla normale tecnologia che esiste già, ovvero a quella che già usiamo in tutto il mondo per le carte di credito e che è ragionevolmente sicura e più difficile da aggirare di quanto si pensi, magari resa ancora più sicura con la biometria.
Attenzione, però: non sto parlando del voto elettronico, che ha delle difficoltà oggettive ad essere realizzato su larga scala, ma di un semplice utilizzo della tecnologia per l’identificazione dell’elettore. Il voto poi potrà essere effettuato tramite una normalissima scheda elettorale e inviato via posta, come già si fa per le categorie privilegiate che abbiamo menzionato in precedenza, o inserendolo in un’urna presso un qualsiasi seggio elettorale, se si è in Italia o si ha accesso a una qualunque delle nostre ambasciate o consolati all’estero.
Il meccanismo è molto semplice: si fornisce a ciascun elettore una tessera elettorale di plastica, delle dimensioni di una carta di credito, dotata di foto e di un chip contenente i dati anagrafici e biometrici dell’elettore. L’elettore che desidera votare al di fuori del proprio seggio elettorale, che si trovi in un’altra città in Italia o all’estero, deve solo procedere come segue:
- andare sul sito PostaCertificat@ e richiedere, sempre che non ce l’abbia già, una casella di posta certificata, che gli permetterà di comunicare con la Pubblica Amministrazione in modo sicuro e identificato;
- utilizzando la casella in questione, informare il Ministero dell’Interno del suo desiderio di votare presso un seggio elettorale differente da quello di appartenenza, un consolato o un’ambasciata, o un qualsiasi altro ufficio preposto all’estero, realizzato eventualmente in collaborazione con le autorità locali — tale informativa dovrà essere spedita entro almeno due settimane dalla data delle elezioni, per permettere alla macchina elettorale di far arrivare il giusto numero di schede presso gli uffici dislocati all’estero;
- recarsi in un periodo ben preciso che potrebbe essere una settimana prima delle elezioni, presso l’ufficio designato e utilizzare la tessera elettronica per identificarsi — l’identificazione avverrà tramite l’inserimento della tessera in un lettore, la lettura di un dato biometrico preregistrato, come ad esempio, l’impronta digitale del pollice destro (ma non necessariamente) e l’inserimento di un PIN di quattro o sei cifre;
- una volta identificato, l’ufficio stamperà o mostrerà su uno schermo la lista dei candidati corrispondente alla sezione di appartenenza dell’elettore, che quindi voterà come se si trovasse nella sua sezione, consegnerà le schede elettorali e la matita copiativa all’elettore che provvederà a votare per poi inserire nelle rispettive urne le schede ripiegate, come si fa normalmente.
Questo sistema ha diversi vantaggi. Innanzitutto il voto avviene in modo tradizionale e non presenta i problemi che si potrebbero avere con un voto elettronico. Inoltre all’elettore si dà la possibilità di votare come se si trovasse nella sua sezione, dato che il meccanismo di identificazione in tempo reale evita la possibilità che voti due volte in seggi diversi o che qualcuno possa votare al posto suo in un altro seggio. A questo punto non avrà più senso avere una circoscrizione estero. Ovviamente il meccanismo funziona anche se si sta in Italia ma si decide di votare presso una sezione diversa dalla propria.
Semplice e sicuro, quindi… perché non adottarlo? Il sospetto è che il vero motivo consista nel fatto che dovendo votare fisicamente solo presso il proprio seggio, si dà la possibilità ai partiti di avere un maggior controllo su chi vota e per chi. In un Paese in cui il voto di scambio è sempre stata la norma e le organizzazione mafiose hanno pesantemente condizionato le elezioni politiche, e non soltanto nel Meridione, un Paese nel quale più volte sono state trovate schede duplicate nei cassonetti e dove i brogli elettorali non sono proprio una rarità, un meccanismo del genere rischierebbe di rendere molto più trasparente e al di sopra di ogni sospetto il voto. Forse è proprio questo quello che non si vuole.
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