Quando si parla di nucleare, in Italia, il pensiero corre subito a Chernobyl. Ma quel terribile incidente dimostra veramente che il nucleare è pericoloso oppure semplicemente che quando una tecnologia viene realizzata ed utilizzata male essa è comunque pericolosa?
Quante persone sono realmente morte a causa del nucleare? E qual è il contributo che il nucleare oggi dà alla produzione di energia elettrica nelle varie regioni del mondo? Vediamo quali sono veramente i fatti, al di là delle voci e delle strumentalizzazioni demagogiche.
Iniziamo con la pericolosità vera o presunta del nucleare.
In 60 anni di vita del nucleare per produzione di energia elettrica sono morte solo 51 persone: 3 all’SL1 di Idaho Falls (USA, 1961) e 48 a Chernobyl (URSS, 1987), di cui 31 morti immediate — due per il crollo dell’edificio reattore e uno per infarto in località lontana dalla centrale — tra il personale di centrale e delle squadre antincendio, tre bambini per tumore alla tiroide su 800 ricoverati e altri 11 decessi tra le persone ospedalizzate negli anni successivi.
Se si pensa a quante persone muoiano ogni anno negli incidenti sul lavoro o in quelli domestici, il nucleare è persino più sicuro che prendere l’aereo, mezzo notoriamente fra i più sicuri in assoluto. Nella sola Italia, per incidenti automobilistici, si hanno oltre 6.000 vittime all’anno, più altre 200.000 che rimangono ferite spesso con danni permanenti.
E veniamo ora al bilancio energetico in Italia e nel mondo. Una prima considerazione importante per evitare equivoci. Quando parliamo di energia nucleare, ci dobbiamo raffrontare con il fabbisogno di energia elettrica, non di energia primaria. L’energia elettrica, infatti, rappresenta in media solo un terzo del fabbisogno complessivo di energia in un Paese industrializzato. Un altro terzo circa va in riscaldamento mentre il rimanente terzo nei trasporti. Calcolare la produzione di energia nucleare rispetto al fabbisogno energetico complessivo porterebbe quindi a dati non significativi.
In questo articolo parleremo solo di energia elettrica, non di energia primaria. Tutte le percentuali saranno quindi calcolate coerentemente a questo approccio. I dati sono relativi all’anno 2003 e i dati provengono dal Ministero per l’Ambiente.
L’Italia è l’unico Paese del mondo ad aver rinunciato del tutto all’energia nucleare. Nel resto dell’Europa, invece, l’energia nucleare rappresenta il 35% del totale, nei Paesi OCSE il 25%, nel Nord America il 19% e nel mondo il 17%.
Questa scelta ha avuto conseguenze drammatiche sul nostro bilancio energetico, conseguenze che rischiamo di pagare sempre più, specialmente ora che il petrolio è arrivato a US$61 il barile.
L’Italia brucia petrolio per produrre energia elettrica più di tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea messi insieme. Ben il 75% della nostra energia elettrica è prodotta bruciando idrocarburi.
La ricerca di nuove fonti rinnovabili si è invece dimostrata infruttuosa, tanto che la parte del leone la fanno ancora quelle tradizionali, come l’idroelettrica e la geotermica, mentre la solare termica, la fotovoltaica, l’eolica e le altre tipologie forniscono un contributo praticamente insignificante. Questo non perché non si sia investito, ma per caratteristiche intrinseche di quelle tecnologie, come la bassa densità di potenza e l’affidabilità e l’aleatorietà che riducono il fattore di disponibilità.
L’Italia ha speso oltre 51 miliardi di euro in vent’anni per sviluppare nuove fonti rinnovabili, ma queste contribuiscono oggi solo per lo 0,5% del fabbisogno totale di energia elettrica, mentre l’idroelettrica fornisce il 15,6% e la geotermica l’1.8%.
L’impossibilità per l’Italia di produrre tutta l’energia che gli serve la costringe quindi a importare la maggior parte della sua energia dall’estero, o tramite l’acquisto di petrolio e gas naturale, oppure importando direttamente l’energia elettrica, peraltro prodotta quasi esclusivamente tramite il nucleare.
L’Italia importa l’84% della sua energia elettrica dall’estero. La percentuale di quella prodotta con centrali nucleari equivale a 8 centrali tipo quella di Caorso che lavorano a pieno regime per il nostro Paese.
La conseguenza è che da noi l’energia elettrica costa molto di più che negli altri Paesi europei, costi che aumentano in modo impressionante con l’aumentare del costo del greggio.
L’energia elettrica in Italia costa il 60% in più della media europea, il doppio di quello che costa in Francia e tre volte tanto quello che costa in Svezia.
Anche le emissioni di gas serra risultano maggiori che in tutti gli altri Paesi europei. Il che comporta maggiori difficoltà a realizzare gli obiettivi del Protocollo di Kyoto.
Attuare il Protocollo di Kyoto costerebbe all’Italia ben US$360 a persona contro i US$5 della Germania e i US$3 della Francia.
Nel resto del mondo si continuano invece a costruire centrali nucleari, non solo nei Paesi industrializzati ma anche in quelli emergenti. Non solo, la ricerca ha permesso di aumentare i fattori di utilizzazione di quelle esistendi dal 70% al 90% e la vita utile da 30 a 50 anni, il che equivale a un raddoppio virtuale del parco nucleare installato.
Nel mondo ci sono 440 centrali nucleari installate in 31 Paesi, per una produzione totale di 360GW, pari al 17% della quella totale. Altre 30 centrali sono in costruzione e 7 sono state ordinate.
La ricerca ha inoltre permesso di rendere le centrali nucleari molto più sicure, già ora più sicure della maggior parte delle installazioni industriali, e di risolvere praticamente quasi tutti i problemi che caratterizzavano le centrali di prima generazione. L’ultimo problema, quello delle scorie, potrebbe essere risolto tramite lo sviluppo di centrali a neutroni veloci, il che renderebbe il nucleare l’unica vera fonte di energia pulita a nostra disposizione.
Sì, come no?
Salve,
è la prima volta che posto in questo blog, ma è ormai da molto che lo seguo, e per questo ti faccio i miei complimenti.
Vorrei esprimere una critica sulla valutazione dei danni causati da Chernobyl, ricordando che oltre ai decessi ci sono state e ci sono tuttora persone che hanno contratto gravi malattie per le radiazioni dovute alla fusione. Esempio ne sono i numerosi bambini che giungono in Italia dalla Bielorussia, uno dei paesi maggiormente colpiti dai gas radiottivi, per cercare di curare le malattie causate dall’alto tasso di radioattività.
Saluti
Federico
Leggiti quello che dice Grillo, poi quello che dice Report https://www.report.rai.it/2liv.asp?s=200: il nucleare non è conveniente, costa lo smaltimento. Ha creato dei costi per la cura delle persone colpite, non solo in Russia, ma anche in Francia … E poi una domanda: come mai nessuna assicurazione è disposta a stipulare una RC per assicurarle?
Federico, hai perfettamente ragione. Ma come ho già a detto, a fronte di 6.000 incidenti all’anno solo in Italia a causa — nella maggior parte dei casi — di un’eccessiva superficialità nella guida, ci sono anche ogni anno 200.000 persone che rimangono ferite in modo più o meno grave. Molte con danni permanenti, e molte sono bambini, anche perché gli Italiani ancora non hanno preso l’abitudine di legare con le cinture i più piccoli. E questo solo in un anno!
Le persone che hanno ricevuto danni da radiazione a Chernobyl non si avvicinano neanche lontanamente a questi numeri. Con questo non voglio dire che non fu un incidente grave, ma che non è da imputare alla tecnologia. Se così non fosse, allora dopo Seveso avremmo dovuto chiudere TUTTE le industrie che producono composti chimici pericolosi.
Invece, giustamente, l’approccio deve essere quello di definire procedure severe di sicurezza e rigidi controlli. Così non è stato fatto con il nucleare, grazie anche al fatto che la maggior parte degli italiani non era in grado di valutare le conseguenze sul lungo termine di una tale decisione.
Innanzi tutto non è vero che il nucleare non è conveniente, tant’è che oltre il 70% dell’energia elettrica prodotta in Francia viene da centrali nucleari e questo fa sì che il costo dell’energia elettrica in Francia sia la metà di quello dell’energia elettrica in Italia. Tale costo ridotto ha un forte impatto su tutta una serie di altri costi, come quelli dei locali per il commercio, ad esempio, e quindi si propaga anche sui prezzi di altri generi. D’altra parte noi compriamo energia prodotta da centrali nucleari estere proprio perché ci costa di meno che produrla.
Per quanto riguarda lo smaltimento delle scorie, grazie al fatto che altri hanno continuato a fare ricerca sul nucleare, oggi abbiamo la prospettiva di costruire centrali a neutroni veloci che non producono scorie radioattive come quelle tradizionali, a neutroni lenti (ricordo inoltre che un neutrone lento è più pericoloso di uno veloce).
Le alternative (eolica, solare, ecc…) hanno bruciato 51 miliardi di euro di investimenti senza dare in cambio alcun risultato. I motivi sono fisiologici a quelle tecnologie, utilizzabili solo in situazioni specifiche e con in fattore di disponibilità comunque basso. Ricordo che un basso fattore di disponibilità costringe comunque a costruire in parallelo una centrale tradizionale per sopperire ai periodi di non disponibilità energetica.
sifossifoco, ho letto l’articolo di Beppe Grillo a riguardo e l’ho anche commentato. Quanto dice Beppe non è corretto. Ci sono varie imprecisioni ed errori. Non so se questo derivi dalla mancanza di specifiche competenze in materia da parte del bravo comico, ma non è difficile confutare le affermazioni che ha fatto. Se vuoi ne possiamo discutere qui, magari prendendo un punto alla volta.
Leggi l’ultimo articolo su lavoce.info sul nucleare. Purtroppo non è solo demagogia, bisogna sfruttare le fonti rinnovabili, è l’unica soluzione. a presto keeton
Esistono solo due tipi di fonto rinnovabili affidabili: l’idroelettrico e il geotermico. Il primo può avere tuttavia un impatto ambientale non indifferente (pensate ad esempio a cosa succede quando si costruisce una diga), il secondo è sicuramente valido ma purtroppo non è disponibile ovunque. Ricordo che è importante avere le centrali il più vicino possibile alle zone di utilizzazione, perché la perdita nel trasporto sulle linee è purtroppo notevole.
Nessuna delle altre fonti (eolico, fotovoltaico, solare, biomasse, ecc.) ha dimostrato di essere praticabile, soprattutto per quello che riguarda il fabbisogno dell’industria.
Ci sono diverse inesattezze su quanto scritto ne “La Voce”. Innanzi tutto il fatto che non si costruiscano centrali con la stessa frequenza che in passato vuol semplicemente dire che i paesi che basano in buona parte la loro produzione di energia elettrica sul nucleare hanno già raggiunto il mix desiderato, e quindi non hanno alcun bisogno di costruire nuove centrali, centrali che invece si costruiscono nei Paesi emergenti che ancora quel mix non lo hanno raggiunto.
Inoltre l’efficienza è passata dal 60/70% a oltre il 90%, mentre la vita media è passata da 20/30 a 50 anni. Questo equivale praticamente a raddopiare il numero di centrali.
La capacità installata non conta se non si valuta a fronte dell’efficienza.
Per quanto riguarda le emissioni di CO2, quello delle centrali nucleari moderne è insignificante rispetto a quello prodotto bruciando idrocarburi e carbone.
Per quanto riguarda i rischi, quanto riportato è un’analisi superficiale e parziale del problema. Tanto per chiarire, non si è mai verificato un incidente serio in francia, e comunque un incidente come quello di Chernobyl non si può verificare in una centrale moderna.
A dimostrazione della falsità delle affermazioni riportate, segnalo semplicemente la seguente: Bisogna urgentemente investire risorse in questi campi, in cui l’Italia è in forte ritardo, invece di inseguire la chimera del nucleare.
Questa affermazione è semplicemente assurda: l’Italia è l’unico Paese al mondo ad aver investito pesantemente in ricerca sulle fonti rinnovabili in rapporto al proprio PIL (51 miliardi di euro), senza ottenere alcun risultato. Gli altri Paesi hanno investito in una buona differenziazione a livello di produzione, con una percentuale di nucleare significativo, e soprattutto sul risparmio energetico.
Purtroppo si tratta sempre delle solite affermazioni, trite e ritrite, basate su alcuni dati, non menzionandone altri, e dando all’analisi una caratterizzazione a senso unico, peraltro scientificamente poco valida.
P.S. Gli autori sono laureati in Scienze Politiche. Mi piacerebbe metterli al confronto con Ingegneri e Fisici e vedere quanto reggono le loro argomentazioni…
Resta da capire solo una cosa: Beppe Grillo afferma
“Se le centrali nucleari sono così sicure per quale motivo non esistono Compagnie Assicurative disposte a stipulare una RC (Responsabilità Civile) per assicurarle?”
E’ vero?
Cosa ne pensi?
Ciao,
Zingaro
Ci sono due questioni qui da considerare: la prima riguarda le assicurazioni contro i guasti, la seconda quella contro eventuali danni prodotti da un incidente. Per quanto riguarda i guasti, sono abbastanza frequenti in un sistema complesso come le centrali nucleari, anche se, grazie ai molti sistemi di sicurezza, non comportano conseguenze esterne alla centrale. Ne consegue che le compagnie assicurative non li coprono esattamente come non assicurano i guasti su un aereo. Se guardi alcuni contratti assicurativi, anche quello della RCA, scoprirai che sono molte le cose che le compagnie non assicurano.
Per quanto riguarda un possibile incidente, la situazione è analoga a quella di incidenti di fabbriche di prodotti chimici: sarebbe estremamente difficile valutare i danni, senza contare che questi potrebbero portare a cause a livello internazionale, dato che le eventuali conseguenze potrebbero attraversare facilmente i confini di un Paese. Per quanto il rischio sia bassissimo, le compagnie assicuratrici sono risaputamente prudenti nell’assicurare qualunque evento nel quale il risarcimento non può essere accuratamente valutato e bilanciato dai premi.
Si tratta insomma di opportunismo commerciale che nulla ha a che vedere con i rischi o le probabilità.
Dimenticavo di dire che ci sono dei Paesi, come il Canada, dove l’assicurazione sulla casa dovuta a danni nucleari non ha bisogno di essere stipulata in quanto già prevista dallo Stato grazie a opportune leggi.
Riporto qui di seguito il punto in questione, in inglese:
Nuclear Insurance
Opponents of nuclear energy like to point out that home-owners’ insurance policies do not cover damage from nuclear accidents. This is true. The myth is that the insurance companies know far too much to provide coverage against this risk. The fact is that this coverage is provided to everyone, not just home-owners, under the Nuclear Liability Act of Canada’s Parliament. It makes provision for compensation for any injury or damage caused by an accident at a nuclear plant. This is a “no-fault” form of insurance, in that those who can prove that they have suffered harm do not have to prove that the station operator was at fault. Home-owners could get coverage against this risk but they would be paying for something they already have.
Under the Act, nuclear-plant operators must obtain insurance up to a maximum of $75 million. In Canada, this is provided by a pool of more than 50 insurance companies. Opponents criticize the $75 million as much too low if there were a major accident. Again the response is in the Act: if damages are likely to exceed $75 million the federal government has to appoint an independent panel to recommend what compensation should be paid. This would be no different from what happens in practice for other disasters, but in the case of a major nuclear accident the provisions are written into an act of Parliament. Also, the Act has been under review for some years and it is expected that a new act will increase the $75 million limit to allow for inflation since the original act was passed.
To prevent lengthy legal wranglings delaying compensation being paid to those deserving it, the Act holds the plant operator absolutely liable for damages and exempts equipment suppliers from liability. However, this does not prevent the plant operator taking legal action against a supplier. The existence of strict standards for nuclear supplies and quality assurance programs, required by the CNSC in granting a licence, makes the provision of faulty equipment unlikely. Beyond that, there is a strong incentive for the operating organization to enforce standards and quality-assurance programs since its own personnel would be the first to suffer in an accident and the loss of use of the plant would be a huge financial penalty.
Una legge simile c’è anche negli Stati Uniti:
Price-Anderson Act (USA)
The Price-Anderson Act indemnifies nuclear power utilities for liability in the
event of a nuclear incident. (In Nuclear Regulatory Commission lingo, all
accidents are incidents.) The Act uses an insurance pool, with premiums paid by
each utility, supplemented by additional pooled utility funds in the event of a
catastrophe. Total insurance coverage to compensate workers and the public in
the event of a nuclear accident is nearly $9 billion.
The 1988 amendments now require coverage for all Department of Energy
contractors so that they too are insured for the consequences of their mistakes at
places like the Nevada Test Site, and the public can seek compensation for
accidents. Unlike the utility portion of the Act, Congress and taxpayers provide
financial backing for DOE Price-Anderson (also up to a maximum of nearly $9
billion.)
P.S. In Germania, nel 1998, le assicurazioni tedesche hanno fatturato premi per complessivamente 2 miliardi di marchi per assicurazioni contro danni da incidente nucleare.