Stamane sono andato da Leroy Merlin, quello sulla Laurentina, a Roma. Per chi non lo conoscesse, si tratta di una catena francese prevalentemente di vendita di articoli per il bricolage, ma ci si trova veramente di tutto: dal materiale elettrico agli utensili per il fai da te, dal legno all’idraulica, vernici, stucchi e altro materiale per l’edilizia, accessori per cucine, bagni, mobiletti di ogni genere sia da interni che da esterni.
In effetti sono già due settimane che frequento con una certa assiduità quello specifico punto vendita, dato che sto approfittando delle ferie estive per fare un po’ di lavoretti a casa. In pratica sto passando le ferie a Roma a scartavetrare, verniciare, inchiodare, far buchi nei muri e incollare un po’ di tutto. Nessun rimpianto, comunque. Tanto per cominciare il clima è abbastanza piacevole, non c’è quel caldo afoso delle estati passate, e poi tutti i supermercati sono aperti e la città sembra più la Roma di un qualunque mese primaverile che il deserto estivo tipico di una decina di anni fa. Sul raccordo il traffico è intenso come sempre e almeno la metà degli abitanti del mio quartiere sono rimasti a casa, o al più se ne vanno al mare o in piscina di giorno per tornare la sera a casa a cenare.
Ad ogni modo non vi sto raccontando tutto questo per il gusto di fare quattro chiacchiere. Piuttosto vorrei approfittare delle mie frequenti puntate da Leroy Merlin per fare alcune considerazioni sulla questione del rapporto fra grande distribuzione e piccolo commercio.
Qui a Roma, per molti anni, la grande distribuzione ha stentato a metter piede. Solo di recente marchi come Ikea, Auchan, Carrefour, Castorama, Brico, Obi e, appunto, Leroy Merlin, hanno aperto punti vendita in città, in genere all’altezza del G.R.A., il grande anello autostradale che circonda Roma. In passato i commercianti aveveno opposto una strenua resistenza non solo all’apertura di centri commerciali e grandi punti vendita, ma persino di supermercati e grandi magazzini. I motivi erano sempre gli stessi: «Hanno costi minori e una maggiore offerta. Finiranno per soffocarci.»
Come capita spesso nel nostro Paese, l’arrivo di concorrenti agguerriti non invoglia a trovare soluzioni innovative, a diventare più competitivi e offrire nuovi servizi alla clientela, differenziando la propria offerta da quella degli avversari, come invece succede all’estero. Da noi si invocano misure protezionistiche, ci si barrica nel proprio orticello sperando che, passata la tempesta, si possa rimetter il naso fuori casa e tornare alle vecchie abitudini come se niente fosse. Peccato che nell’economia globale le cose non vadano così. Non ci sono tempeste che passano, ma cambiamenti sostanziali ai quali, o ci si adegua, o ci si estingue. In altri Paesi i piccoli commercianti hanno saputo consorziarsi, in alcuni casi fare di una strada o una piazza un vero e proprio mall all’aria aperta. Da noi, riuscire a mettere d’accordo tre negozi sulla stessa strada per lanciare una qualche iniziativa è già un successo, soprattutto nel centro-sud. Inutile poi sperare nell’offerta di nuovi servizi alla clientela. Il massimo che i nostri commercianti riescono in genere a trovare, salvo rari casi, è quello di fare qualche promozione o sconto fuori stagione. Il concetto di servizio è lontano anni luce dal loro modo di pensare.
Ed è qui che la grande distribuzione ha il suo asso nella manica, ancor più che nei costi contenuti. Prendiamo Leroy Merlin. Premetto che in questi giorni il punto vendita è strapieno e non certo per l’aria condizionata o i distributori di merendine dietro le casse. C’era tanta di quella gente che bisognava quasi fare lo slalom con il carrello per muoversi nei vari reparti.
Vediamo le cose dal punto di vista del consumatore. Intanto arrivare: il punto vendita è a un passo dal raccordo anulare, facile da raggiungere e ben segnalato. Ci sono due parcheggi, uno esterno, più piccolo, ed uno veramente ampio sotterraneo. Trovare parcheggio è questione di un attimo e già questo è un punto a favore della grande distribuzione. In quanto ai prodotti si trova veramente di tutto: la gamma di prodotti offerta è tale che a volte c’è l’imbarazzo della scelta. In passato, quando per comprare utensili o materiale mi recavo dai ferramenta, era un continuo saltare dall’uno all’altro per trovare esattamente quello che cercavo. Senza contare che c’era quello più fornito per l’idraulica, quell’altro che era più adatto per il materiale elettrico, mentre per il legno bisognava andare ancora da un’altra parte. Si perdeva una giornata intera della quale, buona parte, serviva a trovar parcheggio. Non parliamo poi dei prezzi. In passato c’era da ammazzarsi per trovare il prezzo migliore. Non c’era neanche Internet ad aiutarti. Bisognava girare per negozi ed eventualmente rinunciare ad acquistare a meno che non fosse strettamente necessario o urgente. In questi grandi punti vendita i prezzi sono ottimi e soprattutto le promozioni si sprecano.
Se tuttavia i vantaggi fossero solo questi, la differenza di competitività rispetto al piccolo commercio sarebbe comunque limitata. In realtà il vero valore aggiunto di questi centri è proprio nei servizi. Tanto per cominciare, il reso. Già, perché se avete sbagliato un acquisto o semplicemente avete cambiato idea, non importa se abbiate già aperto la confezione e persino usato un certo attrezzo, ve lo ripigliano indietro. Basta consegnare il prodotto nel suo imballo originale, anche se aperto, mostrare lo scontrino e vi rilasceranno un buono per l’importo pagato valido per un anno. Dato che in un anno è ben difficile che non abbiate bisogno di qualcos’altro, è praticamente come se vi avessero restituito i soldi. Non ci sono storie, discussioni. Tutto funziona con una semplicità disarmante. Per quanto riguarda i pagamenti, poi, sono accettate tutte le carte di credito e di debito, bancomat, contanti e assegni. Niente più discussioni, POS che guarda caso hanno smesso di funzionare proprio un minuto prima, vaucher per le carte di credito finiti o una qualunque delle altre mille scuse che spesso i negozianti appongono quando tirate fuori quella che negli USA è chiamato plastic money, moneta di plastica.
Se poi avete dubbi, vi serve un consiglio, o non sapete quale prodotto acquistare a fronte di un certo problema, ci sono decine di addetti pronti ad aiutarvi, con cortesia e anche con una discreta competenza, anche se ogni tanto si trova qualcuno assunto di recente che magari ne sa un po’ meno. Per quanto riguarda il legno o il vetro, poi, esiste un servizio di taglio che vi permette di avere il pezzo che volete con le misure che volete. Insomma, un misto di self service e servizio al banco assolutamente ben bilanciato. Tutto questo nel piccolo commercio non esiste, o esiste solo a parole. Mi ricordo ancora di infinite discussioni per aver riportato al negoziante un prodotto che non andava o che era difettoso, dell’aria di sufficienza o scocciata che avevano alcuni commercianti dietro al banco quando gli ponevi un problema un po’ più complesso del solito, della difficoltà di trovare in un singolo negozio tutto quello che ti serviva.
Forse a qualcuno questo discorso non piacerà, ma per noi consumatori la grande distribuzione è una manna dal cielo, un oasi felice in un sistema commerciale che cerca di spremerti come un limone, lo stesso che dà la colpa della crisi economica all’euro ma che proprio sull’equivoco «un euro, mille lire» ha giocato per quasi due anni senza preoccuparsi delle ripercussioni negative sul costo della vita. Nei confronti di quei commercianti, sinceramente, non provo alcuna compassione e non ho alcun problema di coscienza ad acquistare nei grandi centri commerciali o nei punti vendita di marche come, ad esempio, Ikea. Senza contare che la qualità dei prodotti è la stessa, se non maggiore, e che spesso è possibile trovare intorno a questi centri per gli acquisti locali e ritrovi per un pasto veloce o per prendersi un gelato o un caffé, aree di sosta dove riposarsi e in alcuni casi persino parchi giochi per i più piccini e un servizio di asilo nido.
Il piccolo commercio è dunque destinato a scomparire? Sicuramente sì, se non saprà rinnovarsi e cambiare. Perché non è affatto detto che la grande distribuzione debba sempre e comunque essere più vantaggiosa del piccolo negozio. Si tratta di trovare quegli elementi distintivi in grado di fare la differenza e restituire competitività al piccolo commercio. Soprattutto è necessario capire che solo attraverso l’aggregazione, mettendo a fattor comune risorse e competenze, creando strutture e servizi di supporto al cliente, definendo processi che permettano di ridurre i costi, come ad esempio una logistica territoriale integrata, e servizi che rendano più attraente l’offerta, che i commercianti potranno non solo competere ma soprattutto convivere con la grande distribuzione, con vantaggi per tutti e in particolare per i consumatori.
Non sta a noi risollevare l’economia spendendo allegramente soldi che non abbiamo, come affermava un vecchio spot televisivo che mostrava un tizio che se ne andava per la strada con il suo sacchetto di acquisti e veniva continuamente ringraziato da tutti. Sta ai commercianti trovare il modo giusto di tornare competitivi. Noi dobbiamo fare i conti con le nostre finanze e le nostre necessità, e per fortuna che c’è l’euro, altrimenti adesso ci ritroveremmo davvero con le pezze sul sedere.
gia’, peccato che le regioni stiano bloccando la grande distribuzione con tempi infiniti, fino a 5 anni per un’autorizzazione.
non si puo’ proteggere i commercianti e poi lamentarsi dei prezzi, allo stesso tempo…
Alienanti, attraggono con tecniche di marketing subdole, sostengono il consumismo più deleterio. Da abolire!
Spiegati meglio. Quali sarebbero le tecniche di marketing subdole? E perché il consumismo più deleterio? Semmai mi sembra il contrario.
Innanzi tutto hanno una politica trasparente di prezzi. Uno sa esattamente quando andrà a spendere, spesso i prezzi sono bloccati per lunghi periodi, i cataloghi e listini prezzi sono forniti anche via Internet, per cui sai prima di andare quanto spenderai. Ne consegue un notevole risparmio e, in un momento in cui di soldi ce ne sono pochi, mi sembra tutto il contrario di una politica atta a incentivare il consumismo. Semmai lo fa chi pretende che io spenda €100,00 per un paio di scarpe.
totalmente d’accordo con te.
i piccoli commercianti dovrebbero darsi una svegliata, invece di andare sempre a frignare dal politico di turno.
loro “consorzio” e “centrali d’acquisto” li devono cercare sul vocabolario, figurati “servizio”.
Scusi, Dario dai mille nomi, ma lei non è quello che si fa inviare materiali da certi fornitori e poi NON li paga? Davvero indipendente.
Chi è lei e che cosa significa quello che ha scritto? Per prima cosa quando si scrive un commento lo si firma; secondo, io di nome ne ho uno e ben conosciuto; terzo, non capisco di quali fornitori o pagamenti parli.
Credo che lei abbia dei seri problemi. In tal caso le consiglierei di risolverli prima di sparare a zero assurdità su un blog.
Se tuttavia ha accuse specifiche da fare le faccia pure, ovviamente firmandole con nome e cognome. Le ricordo naturalmente che la diffamazione è un reato, quindi ci pensi bene prima di fare qualsiasi tipo di accusa.
è un lungo discorso…ora non ho tempo, magari + in là