Sembra siano oltre cento i prigionieri morti fino ad oggi a Guantanamo in circostanze non meglio chiarite. Tanti. Troppi. Oltre cinquecento quelli che sono passati per queste carceri senza aver subito prima alcun regolare processo. Torture e abusi sessuali, violenze di ogni genere non sono più un’ipotesi, ma una triste realtà. E non importa che alcuni degli aguzzini siano stati condannati, e comunque solo dopo che quelle foto che oramai tutti conosciamo sono state pubblicate, né importa che probabilmente buona parte dei prigionieri siano stati effettivamente terroristi o comunque fiancheggiatori di terroristi.
Per anni gli Stati Uniti si sono detti esempio di civiltà e libertà, e al di là delle opinioni contrastanti, molte leggi americane e molti aspetti della cultura americana hanno rappresentato effettivamente spesso un valido esempio di cultura liberista e democratica, anche se le ombre non sono mai mancate, come quelle del razzismo e di un capitalismo che non ha alcuna pietà per i vinti. Ma ora si è andati troppo oltre. Ora gli USA stanno dando il peggio di sé, mettendosi sullo stesso piano di certe dittature sudamericane o delle tante piccole tirannie africane.
Sono stato negli Stati Uniti non so quante volte, ci ho vissuto, ci ho lavorato, tanto che in un certo periodo della mia vita gli amici e i colleghi mi chiamavano addirittura «l’americano», ma ora ho quasi paura a tornare in quel Paese. Quel mondo mi è alieno, non mi ci riconosco, e se in passato lo apprezzavo, seppure criticandolo per alcuni aspetti, come la pena di morte, ora non riesco a vedere negli USA niente di buono. Quello che invece vedo è arroganza, presunzione, superficialità, violenza, mancanza di rispetto per i diritti umani, soprattutto di quelli di chi americano non è.
So che gli Stati Uniti non riconoscono il Tribunale dell’Aja, ma credo sia arrivato il momento che quest’ultimo prenda una posizione chiara su quanto sta avvenendo a Guantanamo e in molte altre carceri americane. Non si possono usare la democrazia e la libertà come giustificazioni alla loro stessa negazione.
“…ma ora ho quasi paura a tornare in quel Paese…” Dario, hai riassunto in una frase il timore più profondo di tanti. Ma, sbaglierò, per noi ‘white guys’ penso non ci saranno poi tanti problemi, forse questo ce lo fà amare un po’ di meno(anch’io covo un amore profondo per gli States). Mariane Satrapi, o gente simile, attivisti, pseudo-terroristi a piedi scalzi, ecc ecc, loro sì che lo ameranno un po’ meno, non so. quando arrivi al JFK e ti tengono un’ora sotto interrogatorio ed esci e svieni dalla paura e dallo sconcerto (come nel caso dell’autrice di Persepolis) beh, allora inizi a rovesciare quella palla di vetro, e ci vedi sangue scendere, e fulmini e saette. Noi, per me, siamo ancora legittimati a sognare. Grazie, bell’articolo!
la fra