Quel taxi chiamato desiderio


Vi racconto tre storie.

1

Arrivate all’aeroporto di Fiumicino, ritirate i vostri bagagli e vi dirigete verso la fila dei taxi. Dopo aver atteso un quarto d’ora finalmente è il vostro turno. «Dotto’, dove la porto?» vi chiede il tassista. «A Ostia, grazie.» rispondete salendo sulla vettura. Vi aspettate che il tassista faccia lo stesso, ma quello si gira e si mette a parlare con un collega dietro a voi. «Strano.» pensate. «Eppure dovrebbe conoscere la strada…» Ma quello passa alla macchina successiva e poi a quella dietro. Nel frattempo il tempo passa e voi iniziate a innervosirvi. Siete stanchi e non vedete l’ora di tornare a casa per farvi una bella doccia. Vi voltate e vedete che il tassista sta tornando. «Bene.» pensate «Era ora!» Ma quello, invece di sedere davanti, inizia a scaricare le valigie. Scendete, perplessi. «Che succede?» «Nulla, dotto’. È che a Ostia ve porta il mio collega.» Così vi trasferisce quattro taxi più indietro, senza altre spiegazioni. E naturalmente dovete aspettare che quelli davanti partano, visto che a Fiumicino la corsia è forzata e la coda è obbligata, ovvero non si può superare.

2

Arrivate all’aeroporto di Linate e vi mettete in fila per il taxi. Avete fretta. Per fortuna avete solo il bagaglio a mano. In compenso la fila è chilometrica e i taxi sembrano arrivare con il contagocce. Dopo quaranta minuti è il vostro turno. Prima di salire, tuttavia, chiedete all’autista quali carte di credito accetta. Siete in viaggio per lavoro e non avete avuto tempo per passare al Bancomat, e comunque, quando siete in viaggio, non vi piace portare addosso troppi contanti. «Carte di credito?» fà quello, quasi gli aveste chiesto se sua zia sia un elefante. «Sì, ha presente? Quei rettangolini di plastica con i quali in tutto il mondo si paga qualsiasi cosa…» Lo sguardo ebete, quello scuote la testa e fa passare un altro cliente. Nel frattempo è arrivato un altro taxi, ma quello dopo di voi vi ha preceduto, per cui vi tocca continuare ad aspettare. Ovviamente nessuno che mostri sui finestrini le decalcomanie con le carte, com’è sui taxi di qualsiasi Paese civile, per cui vi tocca chiedere ogni volta.

Dopo un po’ arrivano altri tre taxi e il terzo — il Cielo sia lodato — non solo sa cosa sia una carta di credito, ma l’accetta persino in pagamento. Salite sul taxi, ma fatti dieci metri un vigile vi ferma e si mette a discutere col tassista. «Qual è il problema, ora?» Quello si volta e vi dice che le regole a Linate sono che uno non si può scegliere il taxi, ma deve prendere quello che gli capita in fila. Cercate di spiegare al vigile che lo avreste fatto volentieri, se quelli avessero accettato la vostra carta di credito, ma quello vi risponde che potevate anche andare al Bancomat a ritirare i soldi e che, solo per questa volta, non fa la multa a entrambi. Vi trattenete dal mandare a quel paese quell’idiota perché è già abbastanza tardi, ma una mezza idea di scrivere al Sindaco per spiegargli che non pensavate che Milano fosse ancora all’epoca dei Longobardi, tutto sommato vi viene.

3

Siete appena usciti da una riunione. Scendete giù in strada e chiamate un taxi. Come spesso succede a Milano, è periodo di fiere, per cui siete riusciti a trovare una stanza libera a non meno di 20 chilometri dalla città. Vi risponde una musichetta: dieci secondi che si ripetono all’infinito, interrotti solo da una voce femminile che vi spiega che tutti gli operatori sono occupati ma che, presumibilmente, qualcuno prima o poi vi risponderà. Intanto il contatore gira e la vostra carta prepagata inizia ad avvicinarsi pericolosamente alla soglia del credito esaurito. Finalmente, dopo più di otto minuti, un operatore vi risponde: date il nome, la via e il civico; quello vi chiede gentilmente di aspettare, che vede quali vetture siano disponibili. Un minuto, due, tre, «È ancora lì?» vi chiede. La tentazione di rispondere «E dove ca##o vuole che vada a piedi?» vi viene, ma vi limitate a un secco «Sì.» Altri due minuti… «Baccalà 666… fra 16 minuti.» Sedici cosa? Dunque, otto minuti ad ascoltare un pessimo brano di disco, altri cinque per trovare un taxi, altri sedici, che immancabilmente diventano venti, per vederlo arrivare davanti al civico dove state aspettando con la vostra bella ventiquattrore in mano. Quanto fa? Trentatré? Gli anni di Cristo. Chissà perché la cosa vi sembra quasi ironica: in fondo anche trovare un taxi quando a Milano ci sono le fiere è in fondo una croce!

Potrei raccontarvene altre, migliaia di altre, e sono sicuro che voi potreste fare altrettanto. Di tassisti, in Italia, ce ne sono pochissimi, tanto che si possono permettere di rifiutare un cliente, o di offrire un servizio di scarsa qualità: niente carte di credito, ritardi consistenti nel rispondere e nell’arrivare, macchine senza aria condizionata… c’è addirittura chi fuma mentre guida! «Che, dà fastidio, dotto’?» In Italia ci sono in media un quinto dei taxi che ci sono in media negli altri Paesi dell’Unione Europea. Eppure, quando si cerca di liberalizzare il mercato, fanno muro e bloccano il traffico delle nostre città. E se lo facessimo noi, una volta tanto, uno sciopero, non prendendo il taxi per un’intera settimana?


2 commenti su “Quel taxi chiamato desiderio
  1. gattibritish ha detto:

    Belle avventure hai vissuto!

    Ma anche io posso raccontare qualcosa di divertente 🙁

    Eccoti un paio di storielle:

    1) Nell’autunno del 1999, quando a Roma avevano appena distribuito nuove licenze di taxi in vista del Giubileo, mi sono trovata nella necessità di raggiungere in taxi, dall’aeroporto, un’abitazione sita nel quartiere Torrino. Il taxista non aveva idea di dove fosse questa fantomatica via Cxxxxxx che gli avevo indicato ed ha ritenuto necessario telefonare alla persona da cui mi stavo recando per riuscire a cavarsela. Strano… Pensavo che i Tuttocittà li stampassero anche nel secolo scorso, e anche a Roma! :-)))

    2) Nella primavera del 2001 un medico, che doveva raggiungere quella stessa abitazione (dove nel frattempo mi ero trasferita) per farmi una visita domiciliare, ha avuto più di un rifiuto da parte di alcuni taxisti del centro città con un commento più o meno di questo tipo: “Fin laggiù? No, guardi, lo chieda a un altro…”. Da sottolineare che la via che sta “laggiù” è all’interno del GRA.

    Non mi resta altro da dire che si ride per non piangere….

    Laura

  2. utente anonimo ha detto:

    sono una massa di cialtroni……

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*